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«Mia figlia mi sta aspettando. Sono molto felice oggi. La lotta continua con determinazione da parte dei miei avvocati». L’ex vicepresidente del Parlamento europeo Eva Kaili non ha detto di più ai giornalisti che hanno letteralmente assalito l’auto nera con i vetri oscurati che ieri l’ha portata fuori dalla prigione di Haren, in Grecia. E si è mostrata sorridente, felice - pur se costretta ai domiciliari con il braccialetto elettronico - di poter riabbracciare la figlia, che negli ultimi tempi ha potuto vedere solo in prigione, dove è rimasta negli ultimi quattro mesi. «Per la procura belga è stata un trofeo», spiega al Dubbio uno dei suoi legali, Sven Mary, secondo cui gli inquirenti l’hanno usata come «simbolo» per dimostrare che anche chi ricopre ruoli di vertice può finire in cella. La politica greca si trovava in carcere dal 9 dicembre scorso, dopo essere finita nello scandalo Qatargate, con l’accusa di corruzione, riciclaggio di denaro e partecipazione a un'organizzazione criminale, che prevedeva il pagamento di «ingenti somme di denaro» da Qatar e Marocco, per influenzare i processi politici comunitari. Accuse che Kaili ha sempre respinto, ma senza convincere la autorità giudiziarie del Belgio, che nel frattempo hanno trovato sponda in un altro ex europarlamentare coinvolto nell’inchiesta, Antonio Panzeri. Un “pentito” sulla cui sincerità Mary ha molti dubbi: «Se parla deve dire tutta la verità, non solo quella che fa comodo. E lui sta proteggendo qualcun altro».
Avvocato, come sta la sua assistita ora che finalmente è tornata in libertà?
È felice di tornare a casa e poter riabbracciare sua figlia. Ed è importante, ora, che le indagini vadano avanti. Risponderemo a tutte le domande quando la polizia vorrà sentirci. Questo caso si basa per la parte più importante su quanto dichiarato da Panzeri, dichiarazioni nelle quali polizia e autorità giudiziaria ripongono molta fiducia. Ma vedremo in futuro se quanto dice è corretto: come pentito deve dire tutta la verità. E avremo modo di vedere cosa significa questa verità.
Lei non crede nella sua sincerità?
Non credo che Panzeri stia raccontando la verità. Piuttosto, sta raccontando una verità che fa comodo a lui e alle persone che vuole proteggere. Non farò nomi, ma ci sono persone che Panzeri vuole proteggere, oltre a voler proteggere se stesso. Non si sta comportando come un vero pentito. I veri pentiti sono quelli degli anni ‘80, come Tommaso Buscetta, che parlò con Giovanni Falcone. Panzeri è tutta un’altra cosa: racconta solo ciò che fa comodo a lui. Ed è molto, molto pericoloso dover combattere contro questo tipo di dichiarazioni.
Il suo collega Michalis Dimitrakopoulos, che insieme a lei difende Kaili, ha parlato di pressioni per farla confessare: davvero hanno tentata di farla ammettere delle responsabilità con la forza?
Dimitrakopoulos ha ragione. Kaili ha risposto a tutte le domande per due settimane, nel corso di interrogatori durati più di 15 ore. Probabilmente la polizia aveva una propria visione delle cose e quindi se la risposta della mia assistita non coincideva con ciò che gli ufficiali volevano sentirsi dire ciò, nella loro testa, faceva di lei una bugiarda. Kaili ha risposto a tutte le domande e quando andremo davanti ai giudici vedremo se le risposte che ha dato sono vere o false e le confronteremo con le risposte che ha dato Panzeri. A quel punto capiremo chi ha raccontato la verità. In queste condizioni sono felice che non abbia confessato: le pressioni che ha subito non sono servite a nulla, perché non c’era nulla da confessare. È stata forte per oltre quattro mesi, molto forte.
Pensa che sua figlia sia stata usata come elemento per farla confessare?
Non credo che sia stata usata, ma quando puoi vedere tua figlia una volta a settimana in una cella, questo ti condiziona molto psicologicamente. Credo abbiamo “giocato” il loro ruolo, che non si possa parlare di tortura, ma certamente tutto questo ha avuto un forte impatto su di lei. Per rivedere i propri figli le persone sono pronte a fare un sacco di cose, ma lei è stata comunque forte, coraggiosa e ha fatto le cose che doveva fare.
Come risponde Kaili alle dichiarazioni di Panzeri?
Preferisco non parlare dei dettagli della vicenda giudiziaria. Ma so che molti giornalisti hanno usato le dichiarazioni di Panzeri: penso a questo pubblicato da Politico o dal Corriere della Sera, che avevano molte informazioni di cui nemmeno noi avvocati eravamo in possesso nel momento in cui se ne stava parlando e ciò nonostante ne avessimo fatto richiesta. Penso sia molto strano discutere di un caso sui giornali: il luogo in cui una vicenda giudiziaria deve essere affrontata è un tribunale e noi è lì che la affronteremo.
Però avete parlato di elementi in grado di certificare la sua innocenza. Il suo collega ha parlato, ad esempio, dell’assenza di impronte sui soldi trovati in casa. Quali altri elementi dimostrano la vostra tesi?
Panzeri dice che Kaili è stata corrotta. Francesco Giorgi, marito della signora Kaili ed ex braccio destro di Panzeri, non ha mai parlato della mia assistita. Delle due l’una: qualcuno sta mentendo. E se Panzeri ha ragione, come può dimostrarlo? Quali sono gli elementi che porta per dimostrare che sta dicendo la verità? Sono quattro mesi che aspetto di conoscere queste cose, ma senza successo. Sono davvero molto curioso.
L’immunità parlamentare della sua assistita è stata violata?
Questa è una discussione che affronteremo in futuro. È una domanda molto interessante e ci sono serie possibilità che l’immunità sia stata violata. Ma porteremo la questione fino in fondo.
C'erano requisiti cautelari per tenerla in carcere così a lungo?
No. Kaili è l’ex vicepresidente dell’Europarlamento, credo lei abbia rappresentato un trofeo per la procura. È stata usata per dire e dimostrare che anche quando si ricopre un ruolo così importante è possibile finire in cella. È diventata un simbolo. Ma i simboli non dovrebbero mai essere usati per fare giustizia.
Quindi ritiene che sia stata usata come strumento per spaventare altri eurodeputati?
È una considerazione che ho fatto.
Pensa che ci sia stato un accanimento mediatico contro di lei?
Basta fare un giro su internet, a partire da wikipedia, per vedere cosa si trova su di lei. Sui giornali sono finite le accuse e tutti i dettagli dell’inchiesta in violazione del principio di presunzione di innocenza, che nel mio Paese va rispettato.
Ha notato differenze rispetto alla gestione del caso nei Paesi coinvolti nell'inchiesta?
In Italia, la posizione di Andrea Cozzolino è ancora in sospeso, nel rispetto delle regole del diritto. E penso che ogni Paese della Comunità europea dovrebbe avere a cuore i diritti e le regole.