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L’avvocato del popolo è tornato a varcare la soglia di palazzo Chigi, e noi non potevamo esserne più felici. Non tanto per quello che si è detto con Draghi, su questa benedetta riforma della giustizia che non s’ha da fare né ora né mai, ma forse si fa, sul piano vaccinale che deve essere completato ma niente green pass, su come spendere i soldi del Recovery plan che i progetti sono troppi e invece no, troppo pochi. Niente di tutto ciò, perché questa è politica, e la lasciamo ai politici. Ma se come diceva una senatrice grillina auspicando la morte per i futuri colleghi dem prima della redenzione (io nun so politica!), allora siamo contenti perché l’avvocato del popolo da Volturara Appula è tornato con tutto il suo carico di non-politica. E in cima alla lista dei bagagli c’era tutto ciò che mancava in questi mesi di governo Draghi, il mite e silenzioso governo Draghi con poche e calibrate conferenze stampa: sua maestà la diretta Facebook. Non ha perso tempo, Giuseppe Conte, e così, dopo aver annunciato con un video la pace fatta con il fondatore Beppe Grillo (o meglio, il suo piegarsi al comico, visto che da nuovo Statuto Grillo «ha il potere d’interpretazione autentica, non sindacabile, delle norme dello Statuto»), appena uscito dall’incontro con mister Whatever it takes si è gettato in mezzo alla tonnara di giornalisti, fotografi e cameraman assiepati per cogliere le prime parole dell’avvocato dopo il patto della Spigola. A dire la verità si è ben guardato da gettarsi del tutto in mezzo alla mischia, vista la variante delta che incombe (a proposito, avvocato, lei si è vaccinato?) e ha pregato gli operatori di mantenere le distanze. Con scarsi risultati, visto che in mezzo alla più tipica delle calche giornalistiche da palazzi della politica romana si sovrapponevano urla, gomitate e spintoni fino a un «siete degli animali!» urlato da qualcuno più esasperato di altri. Ma in fondo l’avvocato è questo che vuole, la ressa per cogliere ogni sua parola, ogni piccola sfumatura dettata dalla perenne sensazione di afonia che incombe attorno alla sua pochette, dopo mesi di scarni comunicati stampa che lasciavano noi poveri giornalisti a combattere da soli contro il nostro blocco dello scrittore. E chissà com’ha goduto Rocco Casalino, Il Portavoce, la grande mente degli anni di Conte a palazzo Chigi, nel vedere, a cinque mesi di distanza dalla debacle del tavolino di ferro in piazza Colonna, tutti quei giornalisti attorno alla sua creatura, nata quasi per caso dall’incontro Salvini-Di Maio e ora rilanciata dal Garante che ha deciso di gettarlo nella mischia, pronto a farlo mangiare come un Atreo qualsiasi. Ma tutto questo adesso conta poco. Conta invece che l’avvocato sia tornato a farci correre, inseguire e sudare lungo i vicoli tra Montecitorio e palazzo Madama, sopraffatti da zainetti, microfoni e taccuini che come i pini di Roma la vita non li spezza. Grazie, avvocato, per essere tornato. Ma ora promettici di non andartene mai più.