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Da giudice istruttore del pool antimafia e poi da parlamentare europeo e senatore, Giuseppe Di Lello ha vissuto da protagonista alcuni episodi chiave della storia del nostro Paese. Quello più doloroso è sicuramente legato alla scomparsa di Falcone, al quale era molto legato: «Con Giovanni abbiamo vissuto tanti anni assieme. E quindi, a volte, i ricordi sono davvero struggenti».Quale eredità ci ha lasciato il pool mani pulite?Ormai è acqua passata, ma ha fatto scuola. Da allora limpegno della magistratura e dei corpi di polizia non è venuto meno. Da Falcone in poi non è esistito più lalibi di una mafia non perseguibile e non giudicabile e non a caso quellesempio è stato colto anche a livello europeo.A 24 anni da quellattentato, è riuscito a darsi pace?Dico soltanto che non doveva finire così. Di certo, se fosse ancora vivo, oggi ci sarebbe una testa in più per ragionare sui problemi della giustizia.Magistratura e politica faticano a trovare un punto dunione. In particolare, è il tema della prescrizione a scatenare un dibattito fin qui poco produttivo, che tornerà dattualità dopo i ballottaggi nelle grandi città.Ho sempre sostenuto che è mistificatorio credere che sopprimendo o riducendo la prescrizione si possano allungare a dismisura i processi. Il grande carico di lavoro ai quali sono sottoposti i giudici e la lunghezza dei dibattimenti sono dovute proprio alla speranza della prescrizione.Cosa propone concretamente?Se mettessimo un freno al rinvio a giudizio o alla sentenza di primo grado, gli imputati avrebbero linteresse a concludere subito. Non pagherebbero più allinfinito gli avvocati, dal momento che lesito sarebbe comunque e forzatamente la sentenza. Tutto questo aiuterebbe molto il sistema processuale e azzererebbe ricorsi e appelli strumentali.Cè chi si appella alla Costituzione...Nella carta si parla della durata ragionevole del processo ma si dice anche che si deve arrivare a una conclusione. Il comma 2 dellart. 27 recita che limputato non è considerato colpevole fino alla sentenza definitiva di condanna. Quindi il procedimento non può essere infinito.Con lormai celebre frase I politici continuano a rubare, ma non si vergognano più, il presidente dellAnm, Piercamillo Davigo, ha riaperto lo scontro con la politica.La sua è stata unuscita populista, ingenerosa, qualunquista. Il grande guaio è che coincide con il pensiero di molti magistrati italiani. A mio avviso è un errore porsi così, fare di tutta lerba un fascio non significa far progredire la democrazia. Qualche corrotto cè, ma non bisogna mai generalizzare: è un errore di grammatica e di sintassi.La corruzione resta comunque un male che immobilizza il Paese.È un problema enorme, davvero serio in Italia. Ma non si combatte con grida manzoniane. I governanti rubano, ma non tutti; i magistrati sono onesti, ma non tutti. Non a caso alcuni vengono sospesi o addirittura arrestati, per legami illeciti o altre responsabilità.Unaltra questione particolarmente dibattuta è quella della separazione delle carriere.È un falso problema. Le inchieste vengono archiviate per insussistenza del fatto e si registrano solo assoluzioni al termine della fase dibattimentale. La dialettica e la divisione tra pubblico ministero e giudice decidente è sana e costituzionale. Non allunga i processi e non vi è alcuna subordinazione di una delle due figure, di alcun genere.Potrebbe comunque concretizzarsi.Se si realizza non sarà la fine del mondo. In molte altre democrazie europee la separazione esiste già e non sono certo sistemi autoritari, sono anche loro liberal-democratici.Cosa pensa del 41 bis, introdotto proprio per limitare fenomeni contro i quali si è battuto per anni?Purtroppo è stato inserito nella legislazione. Sentenze della Corte di Cassazione, della Corte Costituzionale e della magistratura europea ne riconoscono la necessità per via dellemergenza mafiosa. Non sono né contrario né a favore, ma è uno strumento che mi lascia perplesso.Cosa non la convince?Sentiamo spesso dalle cronache, che i boss continuano a comandare dal carcere, perchè i legami con lesterno evidentemente non si interrompono. Ci vuole unindagine statistica e giudiziaria sul carcere duro, per studiarne meglio la reale efficacia.Restando in tema, cosa pensa invece dellergastolo ostativo?Sono assolutamente contrario e pienamente daccordo con il bellissimo libro di Elvio Fassone (Fine pena: ora, ndc). Non impedisce i crimini, come daltronde accade anche per la pena di morte. Non è un deterrente assoluto e a mio avviso è anche incostituzionale.