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Egregio Direttore, Da qualche settimana la tv ha deciso di riaprire il caso di Denise Pipitone, la bambina rapita a Mazara del Vallo più di quindici anni fa. A suo tempo, ampio spazio era stato dedicato dai media al processo che ne era scaturito e che vedeva imputata di sequestro la sorellastra, Jessica Pulizzi. Quel processo - a cui, giovanissimo avvocato, partecipai anch'io - si concluse con la assoluzione della Pulizzi, mandata libera da giudici coraggiosi che ebbero il coraggio di resistere alle pressioni di tv e giornali che avevano già issato la croce a cui appenderla. Quella sentenza fu confermata dalla Corte d'appello di Palermo e, infine, dalla Cassazione. A riprova che le accuse - alimentate dal dolore della madre e dall'attivismo a portata di telecamere del patrono di parte civile - non reggevano alla prova dei fatti ed erano tanto suggestive quanto illogiche. Oggi, sull'onda del rinnovato interesse mediatico per l'amaro destino di Denise, quelle sentenze sono contestate da giornalisti e conduttori tv, che non esitano ad attaccare i giudici che le hanno emesse, accusandoli senza mezzi termini di incapacità e inadeguatezza al compito. Le testimonianze, ritenute attendibili in ben tre gradi di giudizio, vengono ora giudicate false da curiosi tribunali televisivi allestiti allo scopo e presieduti proprio da chi quei processi ha perduto. Con sprezzo del ridicolo (e del diritto), si parla persino di riaprire il caso e processare nuovamente Jessica Pulizzi ma stavolta allargando lo spettro delle accuse anche alla madre, Anna Corona, la cui brutta faccia, a ben vedere, dice più di mille sentenze... Eccole, dunque, queste due povere donne: di nuovo alla gogna, esposte alla furia cieca della folla. Speravano forse di tornare a una vita normale, nascosta. Ma l'inflessibile tribunale televisivo le ha scovate e ora ne reclama il sangue. Guardatele bene: sono brutte, grasse, cattive, persino sessualmente ambigue. Non possono che essere colpevoli. Poco importa che la pur disastrata Giustizia italiana ne abbia sancito una volta per tutte la non colpevolezza. La tv, oscena piazza vociante, non conosce nulla di definitivo, al di fuori della sua spaventosa vocazione al patibolo. Paolo Di Fresco, avvocato