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Nella legge di Bilancio, non a caso, potrebbe trovare posto anche un altro emendamento atteso dall’avvocatura e sollecitato dal Cnf: il ritorno a pieno titolo degli avvocati all’interno delle Conferenze permanenti che si occupano della manutenzione degli uffici. A firmare quest’altra proposta sono i deputati del Pd Antonio Castricone e Dario Ginefra.
Onorevole, il fatto stesso che una norma simile non esista già segnala che la cultura dei diritti, nel nostro Paese, è indebolita?
Sì, e si è indebolita innanzitutto la cultura dei diritti familiari. Basti pensare al fatto che in Europa avere figli procura agevolazioni, da noi di fatto più figli hai e meno amichevole è il fisco. Abbiamo il tema delle partite Iva, a cui si è cominciato a dare qualche risposta come con l’equo compenso. Io credo che ora sia indispensabile garantire la conciliazione tra maternità e attività professionale.
Ci spieghi in che modo sarebbe possibile con le norme proposte nel suo emendamento.
Semplice: la metà degli iscritti agli albi della professione forense è di genere femminile, eppure se si è in gravidanza, si deve allattare o assistere un figlio picccolo tale esigenza, ad oggi, non costituisce legittimo impedimento per l’avvocata. La norma introduce appunto questo diritto, che consente innanzitutto il rinvio delle udienze per i procedimenti nei quali l’avvocata è impegnata.
Le donne magistrato ne possono fruire.
Appunto. A tutti i pubblici dipendenti, e tra gli operatori del diritto senz’altro alle magistrate, è garantita tale tutela. Nel caso della libera professione, invece, non è prevista. Ed è un paradosso clamoroso perché qui di mezzo non c’è solo l’interesse della donna in quanto madre o avvocata, ma anche quello del cliente. Se io mi rivolgo a un’avvocata affinché mi difenda, è giusto che non sia costretto ad avvalermi di un suo sostituto qualora quella professionista sia in gravidanza.
In alcuni distretti esistono protocolli d’intesa tra magistrati e Ordini forensi.
Sono un’avvocata, conosco questi accordi, predisposti su impulso delle commissioni Pari opportunità degli Ordini, ma sei garantita solo se hai la fortuna di esercitare la professione in uno di quei distretti in cui il protocollo d’intesa esiste. Con la norma in questione il principio vale per tutti. Inoltre si tratta di una misura calibrata, nel senso che il legittimo impedimento e la conseguente sospensione si attivano per le sole circostanze in cui è necessaria la presenza del legale.
Si aspetta convergenza ampia sulla proposta?
Confido che ci sia. È di pochi giorni fa il rilievo mosso dal presidente Berlusconi al centrosinistra e in particolare alla principale esponente donna del Pd, la sottosegretaria Boschi, riguardo al sostanziale disinteresse per i diritti delle donne. Il sì al mio emendamento sarebbe anche l’occasione per dimostrare che quell’attenzione si è finalmente risvegliata. E ribadisco: parliamo di battaglie per la famiglia, attraverso i diritti della donna.
Oltre che per le professioni.
Che sono state troppo mortificate in questi anni. A partire dall’abolizione delle tariffe, il cui autore, ricordo, fu Bersani.
Lei, avvocata, fa propria una richiesta del Cnf: torna la connessione tra organismi di rappresentanza e Parlamento?
Guardi che dovrebbe essere la normalità. Certo, credo di interpretare correttamente il principio di buona collaborazione tra istituzioni e Ordini professionali, e d’altronde mi chiedo: se non si dialoga con le categorie come si fa a individuare le esigenze reali dei cittadini? Credo che la politica debba entrare in una nuova fase, e almeno per quel che riguarda la mia parte politica siamo già in cammino. Berlusconi ci ha sollecitato a incontrare i rappresentanti delle professioni, io sono reduce da un fine settimana in cui mi sono occupata proprio di questo nel mio territorio: prima di legiferare si deve conoscere.
Non è sempre così?
Io dico solo una cosa: la politica deve uscire dai Palazzi e anche dai soicial e tornare nei mercati, così come nei Consigli degli Ordini, ascoltare chi si occupa tutti i giorni di problemi reali e trovare soluzioni. Insomma, si torni a fare le cose per il bene del Paese, non per appuntarsi medagliette. Io intanto propongo di conciliare la professione con la maternità: è il minimo che possiamo fare per le avvocate, se veniamo meno vuol dire che viviamo in un mondo fatto solo di slogan. E mi riferisco anche al governo, da cui aspetto un parere positivo sulle avvocate in gravidanza.