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Daniela Giraudo, componente del Comitato direttivo della Fondazione dell'Avvocatura italiana
Il Consiglio nazionale forense crede molto nei giovani. La prova è data dal torneo “Dire e Contraddire”. L’iniziativa di via Del Governo Vecchio, giunta alla terza edizione, ha potuto contare anche sul supporto prezioso dalla consigliera Cnf Daniela Giraudo, componente del Comitato direttivo della Fondazione dell’Avvocatura italiana. Nella precedente consiliatura, Giraudo è stata coordinatrice della Commissione Progetti educazione alla legalità e della Commissione Diritto di famiglia.
Consigliera Giraudo, il torneo “Dire e Contraddire” si conferma una manifestazione sempre più seguita dalle scuole italiane. Un segnale molto confortante per il Cnf?
Sicuramente sì. La circostanza che le scuole abbiano apprezzato la nostra proposta di far tornare i ragazzi alla parola, al confronto civile e alla dialettica non era affatto scontato. I numeri della terza edizione del torneo dimostrano che siamo sulla strada giusta. Un fatto positivo se consideriamo il numero sempre in crescita delle scuole coinvolte e dei Consigli degli Ordini degli avvocati protagonisti dell’iniziativa. Siamo riusciti ad intercettare una esigenza delle scuole e questo è motivo di particolare soddisfazione. A ciò si aggiunga il favore dei ragazzi. Il ritorno che abbiamo da loro corrisponde sempre ad un grande entusiasmo e ad una grande passione per sperimentarsi in determinate modalità, che non sempre vengono percorse, ma che, grazie al Consiglio nazionale forense, hanno potuto avere modo di scoprire e di imparare. Infatti, il torneo “Dire e Contraddire” richiede una preparazione specifica con una formazione che riguarda tanto gli studenti quanto i formatori, rispetto alle tecniche messe in campo durante tutta la manifestazione. È un percorso che ha una sua complessità, che prevede un impegno di docenti, avvocati e ragazzi.
Coinvolgere le scuole significa far conoscere le attività del Consiglio nazionale forense tra i giovani e i potenziali avvocati di domani?
Il Consiglio nazionale forense non è nuovo ad iniziative che avvicinano l’avvocatura alle scuole. Lo fa da tempo, dal 2017, con i primi percorsi di alternanza scuola-lavoro, che erano stati fatti sul progetto del professor Ricca, seguiti con passione e grande entusiasmo dalla consigliera Carla Broccardo. Quest’ultima ha avuto per prima l’intuizione che gli avvocati potessero entrare nelle scuole e avere una loro presenza.
Con il torneo “Dire e Contraddire” il vostro impegno tra i più giovani prosegue?
Certo. Continua perseguendo un obiettivo ben preciso: far conoscere un’avvocatura diversa anche da alcune descrizioni che derivano da certi organi di stampa. Il fatto di entrare nelle scuole, di dedicarsi ai ragazzi, significa far conoscere l’avvocatura, la mission e l’impegno del Consiglio nazionale forense quale organo istituzionale chiamato a fare sintesi. L’obiettivo di questi anni è stato quello di immaginare dei percorsi, realizzati con le stesse modalità su tutto il territorio nazionale e in grado di rendere riconoscibile l’avvocatura e il Consiglio nazionale forense. Ma è bene precisare una cosa.
Prego, dica pure.
L’obiettivo del torneo non è il recruiting, ma far conoscere la passione che i colleghi hanno verso la professione. Un approccio che ha suscitato e rinnovato l’interesse degli studenti delle scuole italiane. Speriamo che chi si riconosce in questo tipo di passione possa seguire le orme dell’avvocatura.
Sono poche le professioni che si aprono alle scuole, come sta facendo l’avvocatura. È la dimostrazione di una presenza tra le persone e tra i giovani. Un impegno nella società. Cosa ne pensa?
Quella dell’avvocato è l’unica professione che ha rilievo costituzionale. Speriamo che il percorso per valorizzare questa presenza possa finalmente trovare un approdo. Questo non significa volersi mettere la corona di quelli più bravi e più belli, ma significa riconoscere una funzione sociale che a mio modo di vedere contraddistingue l’avvocatura, in quanto difendere i diritti, farsi portavoce, a volte, dei più deboli e dei più fragili implica la necessità di avere delle qualità, che, mi permetto di sottolineare, sono uniche. Anche il fatto di andare nelle scuole è qualcosa di coerente con gli obiettivi che deve porsi l’avvocatura: attenzione verso i più giovani, verso le loro esigenze, aiuto a comprendere certe dinamiche. Per questi motivi sono certa che la nostra presenza nelle scuole non è ultronea.
Entrare nelle scuole è stata un’occasione di arricchimento umano anche per gli avvocati?
Io credo che iniziative come “Dire e Contraddire” realizzino uno scambio di esperienze eccezionale. Tutti i colleghi che hanno avuto la fortuna di poter portare sia negli istituti superiori che nelle altre scuole, frequentate da studenti più piccoli, la presenza per fare percorsi di educazione alla legalità hanno ricevuto molto più di quello che hanno dato, dalla spontaneità dei bambini all’entusiasmo dei ragazzi. Uno scambio di esperienze e di energie che fa bene a tutti, sia a chi porta la propria capacità, la propria passione professionale, sia a chi la riceve. La restituzione dell’energia e del fascino che si può avere nell’ambito di questi percorsi è qualcosa di impagabile. La ricompensa migliore per tutto quello che si fa, dedicandosi con passione ai progetti che si mettono in campo.