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«La nostra giustizia penale è vendicativa e l’opinione pubblica lo è altrettanto». Alessandro Dal Lago, sociologo e intellettuale di sinistra, interviene sulla vicenda penale di Marcello Dell’Utri e condanna non solo il sistema giudiziario ma anche il silenzio assordante della sinistra.
Professore, il nostro sistema penale è vendicativo?
La giustizia penale nel mondo occidentale e soprattutto in Italia ha caratteri evidentemente vendicativi, anche quando la nostra Costituzione prevede la funzione rieducativa della pena. Eppure l’attuale situazione delle carceri italiane contrasta ampiamente con questa previsione e le retoriche pubbliche e politiche sono per lo più forcaiole e punitive. Ma attenzione, l’opinione pubblica non è da meno.
Gli italiani sono figli di questo sistema?
Guardi, io ho scritto un post sulla mia pagina Facebook in cui ho sostenuto che la scelta del Tribunale del Riesame contro la scarcerazione di Dell’Utri fosse priva di umanità. Ho ricevuto alcuni commenti terrificanti, la cui cifra ultima è che Dell’Utri è il nemico e per lui non c’è alcuna pietà: una visione che fa rabbrividire nel Ventunesimo secolo.
L’opinione pubblica italiana confonde la politica con la giustizia?
Chiariamoci, Marcello Dell’Utri è un mio avversario politico da sempre, ma ciò non può fare di lui un nemico da distruggere e nemmeno giustifica un accanimento nei suoi confronti. Oggi l’opinione pubblica si indigna contro chi ne sostiene la liberazione, mentre invece non fa una piega quando lo stesso Dell’Utri dichiara che si lascerà morire di fame.
Come se lo spiega? L’Italia è un paese giustizialista?
Basta un dato: in Italia il 30% degli elettori vota per un partito che mette la legalità sopra a tutto. Oggi, nel nostro Paese, c’è ancora chi vuole una giustizia che sia esemplare.
E nel caso di Dell’Utri lo è stata?
Mi limito a commentare la sen- tenza e parto dal presupposto della fiducia in ciò che scrivono i medici. Per questo mi indigna il fatto che un Tribunale sia passato sulla testa di tre specialisti che hanno valutato come grave la situazione di salute di Dell’Utri: la legge permette a un magistrato di non tener conto delle valutazioni dei periti.
Quanto c’entra la politica nella vicenda di Dell’Utri?
Molto, a partire dal fatto che dopo Mani pulite l’esaltazione della giustizia penale è diventata un principio centrale. Non solo, però. Forse è solo un’impressione, ma non mi sento di escludere che la decisione dei giudici del Tribunale delle Libertà sia stata condizionata dal fatto che Dell’Utri sia un uomo di Berlusconi. Allo stesso modo, l’insurrezione dell’opinione pubblica è in parte motivata proprio dall’avversione per il berlusconismo.
Spiega così la mobilitazione della stampa orientata a destra in favore di Dell’Utri?
Una mobilitazione quantomeno contraddittoria. Quotidiani come il Giornale, il Tempo e Libero lanciano una petizione in favore di Dell’Utri e ora tirano in ballo lo stato delle carceri, ma sono gli stessi giornali che da sempre predicano la frusta contro reati irrisori. La destra si mobilita per Dell’Utri, ma non lo avrebbe mai fatto per i tanti poveracci che condividono la sua stessa sorte. La loro è un’indignazione moralista e populista: ora dicono che quella contro Dell’Utri è tortura, sono stati loro i primi ad opporsi a una legge contro la tortura.
La sinistra, invece, è rimasta in silenzio.
La sinistra si è persa in un incomprensibile degrado giustizialista. Dalle elezioni del 2013 subisce il fascino dei leader magistrati, che allora si chiamavano Di Pietro, De Magistris e Ingroia e oggi Piero Grasso. Questo è il lungo effetto di Mani pulite, che ha fatto perdere alla sinistra i principi garantisti.
Non esiste garantismo, quindi, nella sinistra italiana?
Da quando Berlusconi è diventato un avversario giudiziario oltre che politico, la giustizia è diventata il faro della sinistra. In questo modo si è perso l’atteggiamento di critica minima nei confronti della legge e del sistema penale e ci si è dimenticati la cultura dei diritti umani e civili, che sono stati invece il cuore della sinistra. L’unica a restare garantista è Emma Bonino, ma la sua è una posizione marginale nella galassia della sinistra.
Come pensa che finirà la vicenda Dell’Utri?
Se davvero Dell’Utri dovesse continuare fino alle estreme conseguenze lo sciopero della fame, sarebbe una botta tremenda per il giustizialismo di Stato. Io credo, però, che non si arriverà a questo punto: sul piano politico sarebbe un disastro e qualcuno di sicuro interverrà per aggiustare la situazione.
E’ una lotta tra la giustizia e la politica?
No, io non ne faccio una questione politica ma di diritti umani: valgono per tutti, devono valere anche per Dell’Utri. Di più, io sono convinto che i diritti umani siano superiori alla giustizia. Bisogna smetterla di pensare che il diritto penale sia il criterio supremo di giudizio: esistono valori superiori come quello di umanità, che è un valore politico nel senso più alto del termine.