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Caro Direttore La cifra consistente di cento miliardi all’anno per dieci anni stanziata per il Green Deal Europeo rischia di essere insufficiente rispetto agli obiettivi che lo stesso piano si è dato.
L’azione della Commissione UE sul Green Deal è necessaria e condivisa, in tutti i suoi aspetti, nei riguardi dell’ambiente in senso lato, per la battaglia contro i cambiamenti climatici, così come la spinta verso l’economia circolare, il risanamento delle aree inquinate, la de - carbonizzazione dei processi produttivi e dell’economia, la promozione di energia da fonti rinnovabili.
E’ la prima volta che la Commissione prende un’iniziativa così imponente: dopo la Brexit e visti i continui mal di pancia di diversi stati sul bilancio europeo non era per niente scontato.
Per il sindacato europeo e per la Cisl è stata certamente una vittoria la creazione del Fondo per la giusta transizione, con risorse ulteriori rispetto a quelle esistenti in altri fondi. Va evitata però una guerra fra poveri sulla sua distribuzione.
Ora inizia una fase molto difficile, che è quella delle trattative fra gli stati per la divisione delle risorse. Sarebbe importante che la distribuzione non diventi una sorta di mercimonio, né un do ut des. Se l’unico arbitro rispetto alla distribuzione delle risorse fosse la Commissione probabilmente avremo maggiori probabilità che l’accordo sia frutto di valutazioni più ponderate e meno di scontri tra gli stati per accaparrarsi i soldi. Una volta decise le risorse che arriveranno, come le spendiamo? Le cose che si faranno, saranno di qualità?
Questo dovrebbe diventare il punto nodale del nostro impegno. In Italia spesso il problema non sono le risorse, ma la qualità del loro utilizzo. È inutile chiedere sempre più risorse se poi non siamo in grado di spenderle o le spendiamo male, diventa controproducente. Ma un cattivo uso delle risorse, non solo per la patologica corruzione, ma anche per la qualità finale del manufatto o del progetto, comporta anche una cattiva immagine della Unione Europea, oltre che del nostro apparato amministrativo, anche se per quest’ultimo abbiamo una certa abitudine.
Per fare cose di qualità occorre avere idee e progetti qualitativamente elevati, bisogna fare in modo che siano coinvolti i territori sulla base di obiettivi chiari. Se aggiungiamo soldi al risanamento della ex Ilva, come forse sarà possibile, ma continuiamo a gestire la vicenda come lo abbiamo fatto finora, fra alcuni anni ci ritroveremo allo stesso punto. Lo stesso si può dire per i fondi europei, di cui periodicamente ne perdiamo una parte per mancanza di progetti o per lungaggini burocratiche. Bisogna saper coniugare le necessarie quantità con la più alta qualità possibile. Forse è di nuovo giunto il momento di mettere in pratica quelle capacità organizzative che spesso sbandieriamo ma che alla prova dei fatti non sempre le dimostriamo realmente.
Per il nostro Paese il tema della qualità della nostra spesa è quindi molto più centrale della quantità. Su questo occorre porre la massima attenzione e l’impegno affinché sia possibile elevare il livello progettuale e procedurale per realizzare quanto possibile con il Green Deal. Le cose da fare son tantissime e non siamo qui a fare la lista della spesa, bensì vorremmo definire insieme le priorità perché la necessaria transizione sia anche giusta e non lasci nessuno indietro. È importante quindi investire sulle nuove tecnologie, per velocizzare la decarbonizzazione e migliorare la competitività del nostro sistema produttivo, insieme e contemporaneamente alla riqualificazione dei lavoratori, le cui competenze vanno costantemente aggiornate.
Per i giovani occorre soprattutto creare percorsi formativi in grado di rispondere agli skill che nuovi modelli economici, a cominciare dall’economia circolare, richiederanno.
* Segretario Confederale Cisl Responsabile Politiche Ambiente e Sicurezza