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Il confronto che si aprirà nei prossimi giorni tra il sindacato ed il governo sul cuneo fiscale e la previdenza è frutto della mobilitazione di centinaia di migliaia di lavoratori e pensionati. Sullo sviluppo è ora che il governo cambi passo: il sindacato non accetterà soluzioni a scatola chiusa
Il confronto che si aprirà nei prossimi giorni tra il sindacato ed il governo sul cuneo fiscale e la previdenza non nasce per caso ma è frutto della mobilitazione di centinaia di migliaia di lavoratori e pensionati scesi in piazza nei mesi scorsi sulla base della nostra piattaforma unitaria. Lo abbiamo detto con chiarezza ieri a conclusione della riunione delle Segreterie unitarie di Cgil, Cisl, Uil: dobbiamo fissare ora insieme al Governo obiettivi veri, riconoscere ruoli reciproci, affrontare le questioni senza fughe in avanti, con conoscenza e oculatezza, per far ripartire la crescita del paese.
Il taglio del cuneo fiscale, questo piccolo, anche se insufficiente, tesoretto di quasi tre miliardi di euro sarà un passaggio fondamentale del rapporto tra l’esecutivo Conte e Cgil, Cisl, Uil. Abbiamo letto in questi giorni tante ipotesi, anche con dovizia di dettagli, su vari giornali. Ma nessuno immagini di proporre al sindacato una “scatola chiusa” perché non è questa la concertazione che noi auspichiamo e che serve al Paese, sapendo che la riduzione del cuneo è solo un primo passo rispetto ad una riforma fiscale che è sempre più urgente.
Oltre l’ 85% del fisco italiano pesa oggi sulle spalle dei lavoratori dipendenti e dei pensionati. Quindi è evidente che una riforma fiscale non può non tenere conto di questo dato emblematico. Lo Stato continua a tassare le rendite finanziarie al 20%, il lavoro autonomo fino a 65.000 euro al 15% , ma abbiamo il lavoro dipendente che in alcuni casi raddoppia e triplica queste aliquote fiscali. Una situazione inaccettabile, del tutto iniqua. E’ evidente che parlare di fisco per noi significa rendere più pesanti le buste paga dei lavoratori e le pensioni dei nostri anziani.
Per questo obiettivo vanno utilizzate tutte le risorse della lotta all'evasione, rafforzando il personale delle Agenzie fiscali con nuove assunzioni e nuove professionalità. Anche sul tema della previdenza bisogna riprendere il confronto così come lo avevamo impostato con il governo Gentiloni: puntare ad una flessibilità del sistema, rendere strutturale l’ape sociale, individuare i lavori usuranti e gravosi, separare la previdenza dall’assistenza, costruire una pensione di garanzia per i giovani, riconoscere almeno un anno di contributi per ogni figlio per le donne madri.
Non possiamo banalizzare un atto di riforma così importante discutendo solo su come cambiare quota 100. A monte di tutte le questioni rimane il discorso della mancata crescita del Paese. Non abbiamo visto ancora lo sblocco dei cantieri e delle infrastrutture, oltre 85 miliardi di euro che potrebbero diventare un volano straordinario per lo sviluppo, l’ occupazione, il superamento del divario tra Nord e Sud. Anche sulla Pubblica Amministrazione, un tema che riguarda oltre 3 milioni di lavoratori e lavoratrici, le risorse stanziate non sono per nulla sufficienti per rinnovare il contratto. Siamo contenti che non si parli più di “fannulloni”, di impronte digitali e di strumenti fantascientifici per debellare l'assenteismo.
Ma questo non basta. Se c'è un settore che ha bisogno di nuove professionalità, di una profonda innovazione e digitalizzazione è proprio quello della Pubblica Amministrazione perché questo significa servizi migliori per i cittadini, ma anche per i territori e per le imprese. Noi continuiamo ad avere un numero incredibile di lavoratori precari nella scuola, nella ricerca e nell’università e questo nodo non è stato ancora sciolto.
Negli ospedali è inimmaginabile far rimanere in servizio i medici sino a 70 anni quando abbiamo migliaia di giovani specializzati precari o disoccupati. Il tema delle nuove assunzioni e della lotta al precariato nella Pubblica Amministrazione, nella scuola e nella sanità non è secondario: significa garantire il diritto all'istruzione, alla salute per ogni cittadino e per ogni cittadina.
Ecco perché la Cisl e tutto il sindacato reclamano con forza in questo 2020 un cambio di passo concreto ed una vera capacità di scelta del governo. Questa è la discontinuità che auspichiamo. Non abbiamo bisogno di promesse, sorrisi e buone maniere. Abbiamo bisogno di un confronto vero, di pari dignità per dare risposte concrete alle 150 vertenze aziendali aperte, affrontare di petto la questione del Mezzogiorno, riannodare i fili della coesione sociale come ha più volte sollecitato il Presidente della Repubblica Mattarella.