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Circola da giorni una bozza del “Disegno di legge recante deleghe al Governo per l’efficienza del processo penale”. La presenza di una novità dirompente impone di evidenziare il suo devastante significato: se viene a mancare un giudice del collegio, il processo può proseguire con gli altri due e un nuovo componente. Nella riforma penale il colpo di grazia al principio cardine dell’immediatezza
Circola, negli ambienti degli operatori della giustizia, da giorni una bozza del “Disegno di legge recante deleghe al Governo per l’efficienza del processo penale”. La bozza ripropone con alcune varianti il testo che non fu approvato nel Consiglio dei ministri del luglio scorso. La prudenza consiglierebbe di non analizzare un testo sicuramente provvisorio. Tuttavia, la presenza di una novità dirompente impone di evidenziare non tanto la sua presenza, ma considerato il suo devastante significato, le sue implicazioni.
Il riferimento va a quanto previsto dall’articolo 5, lettera e):
“prevedere che la regola di cui all’art. 190 bis, comma 1, c. p. p. sia estesa, nei procedimenti di competenza del tribunale, anche ai casi nei quali, a seguito del mutamento della persona fisica di uno dei componenti del collegio, è richiesto l’esame di un testimone o di una delle persone indicate nell’art. 210 e queste hanno già reso dichiarazioni in dibattimento nel contraddittorio con la persona nei cui confronti le dichiarazioni medesime saranno utilizzate”.
Alla successiva lettera f) dello stesso articolo 5 si prevede che “l’ordinanza emessa ai sensi dell’art. 190 bis c. p. p. sia impugnabile nei limiti e con le forme di cui all’art. 586 c. p. p.”.
Il tema è stato recentemente oggetto di un duplice intervento, prima della Corte costituzionale ( C. Cost. n. 132 del 2019) e poi delle Sezioni Unite ( Cass. Sez. un. 35.5.2019, Bajrami). Se la Corte costituzionale, forzando i suoi poteri, a fronte di una questione da lei stessa ritenuta inammissibile, si era mossa in una logica di impronta efficentista, suggerendo interventi idonei a superare le ragioni del mutamento dei collegi ( videoregistrazioni e calendarizzazioni delle udienze); se le Sezioni unite, ancorché di termini non condivisibili, avevano cercato di rimodulare la rinnovazione del dibattimento davanti al nuovo collegio, garantendo il principio di fondo dell’immediatezza, temperato dal canone costituzionale del contraddittorio/ contro oralità, l’indicazione del criterio di legge delega azzera tutto questo. Se anche viene a mancare un giudice del collegio, il processo può proseguire con la presenza degli altri due e l’integrazione di un nuovo componente. Vengono così eliminate anche quelle poche garanzie che le Sezioni unite avevano appena conservate. Non è il caso di sottolineare tutte le “varianti” che questa previsione può determinare in processi di lunga durata.
Se si voleva ulteriormente “ferire a morte” il processo “accusatorio”, per quello che ne resta, incardinato sulla centralità del dibattimento, l’arma è stata caricata. Del tutto irrilevante si prospetta la previsione dell’impugnabilità del provvedimento di rigetto della richiesta di rinnovazione che potrà essere esercitata solo unitamente alla sentenza, con tutte le implicazioni “manipolative” che ciò determina una volta che la decisione sia stata assunta.
Giova ricordare che la regola dell’immediatezza è presieduta da una nullità assoluta speciale, l’unica del codice di rito, non casualmente. Resta da sottolineare che la garanzia della collegialità e dell’oralità è garantita dalla Corte Edu nonché dalle regole costituzionali del giusto processo ( articolo 111 Cost.). Giova ancora ricordare che la previsione della garanzia della collegialità era prevista anche dal Codice Rocco del 1930. Anche il regime era consapevole della necessità che il giudizio fosse pronunciato dai giudici che aveva non solo disposto, ma anche assunto la prova. Appare difficile capire come si possano addirittura concepire, ipotizzare, a livello ministeriale, previsioni come quelle che si vuole proporre all’approvazione del Governo e del Parlamento.