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Sono in tanti gli aruspici che si domandano perché mai Matteo Salvini abbia deciso di aprire la crisi solo ora e non dopo la travolgente avanzata delle Europee. Traendone la convinzione che il titolare dell’Interno abbia sbagliato tempi e modi che, come si sa, in politica sono tutto; e che perciò ora si ritrovi più che mai in difficoltà per arrivare al voto. Sui tempi si può discettare, sui motivi invece no. Bastava ascoltare l’intervento dell’altro ieri al Senato e la snocciolata «dal mondo reale» del Capitano di imprenditori e dirigenti industriali che chiedevano di andare rapidamente al voto per capirlo. Salvini, semplicemente, non poteva più reggere il pressing che arrivava dal nocciolo duro della sua costituency, protesa a reclamare la fine del rapporto di governo con i Cinquestelle: il MoVimento dei “no”. Idem per la richiesta di autonomia che promana dalle regioni del Nord e che ha trovato nei pentastellati oppositori invalicabili. Il che mette in salita il percorso immaginato dal vicepremier leghista non solo sotto il profilo delle procedure e del timing elettorale, ma anche per quel che riguarda la campagna di conquista al Sud. Se le priorità sono quelle dell’elettorato nordista, infatti, diventa complicato sfondare nel Mezzogiorno: il beach tour minaccia di non essere sufficiente.
Tuttavia le scelte salviniane dicono qualcosa anche riguardo i tentativi di costituzione di una nuova maggioranza M5S- Pd. In particolare per quest’ultimo, infatti, e pur non assegnando alle ricette leghiste alcunché di salvifico a priori, non tener conto e contrapporsi alle richieste che arrivano dalla parte più industrializzata del Paese e più capace di reggere l’urto della concorrenza internazionale, non appare scelta lungimirante. L’esempio più lampante è di pochi giorni fa e riguarda la Tav, l’opera ferroviaria tenacemente osteggiata dai Cinquestelle e al contrario appoggiata dai Democrat. Non è fuori luogo domandarsi, al netto di tutte le altre questioni a cominciare dall’immigrazione, come sarà possibile amalgamare visioni della società e dello sviluppo ( o decrescita?) così distanti al punto da diventare antitetiche. Invece proprio sviluppo e crescita, come e più del no all’aumento dell’Iva, sono i banchi di prova di qualsiasi maggioranza e di qualsiasi governo: in particolare ora che i segnali di stagnazione si rafforzano. L’ardimento senza razionalità si trasforma in avventurismo.