Nel giorno in cui l’Oms dichiara che per il coronavirus esiste un ‘elevato rischio a livello globale’ abbiamo contattato una delle massime esperte internazionali di virus e della loro diffusione: la virologa e ricercatrice Ilaria Capua, raggiunta telefonicamente negli Stati Uniti dove dirige il One Health Center of Excellence dell'University of Florida. L’Oms ha dichiarato che il rischio globale derivante dal coronavirus cinese è elevato, mentre qualche giorno fa lo definiva moderato. La gravità si comprende nel tempo. Si trattava già di una emergenza nazionale in Cina, dove inizialmente vi è stata una sottostima del fenomeno. Ora invece si sta trasformando in una emergenza internazionale. I dati che abbiamo al momento a disposizione ci dicono che stiamo andando incontro ad una pandemia. Si badi bene: lo scatenarsi di una pandemia non significa che il virus ucciderà ma che infetterà milioni di persone. I tassi di mortalità sono bassi adesso. Questo quadro ci fa pensare che potrebbe ripetersi un quadro analogo a quello che si verificò con l’influenza suina nel 2009. Nel diffondere i dati sul coronavirus all’intera comunità scientifica la Cina è stata rapida e trasparente? La diffusione e la condivisione dei dati è stata rapidissima. Ciò in cui si è tardato è nel riconoscere di avere un problema molto serio. Questo ha comportato che la macchina per fronteggiare la diffusione del virus sia partita in ritardo. Bisogna comunque dare atto alla Cina di aver poi messo in atto delle misure per contrastare la diffusione, come l’interruzione ad esempio dei festeggiamenti del Capodanno cinese e la chiusura di aeroporti. E bisogna anche ammettere che il virus è nuovo quindi è occorso tempo per l’individuazione del virus. In Italia dobbiamo preoccuparci? Occorre ragionare a con dati alla mano , evitare di diffondere fake news e vedere come evolve la situazione giorno dopo giorno per capire se ci sarà un aggravamento dei casi clinici. Ricordiamoci che le informazioni in primis provengono dall’Asia, dove hanno un modo molto diverso di concepire la cura del paziente. Una cosa è se ci sono 25 morti su 500 infetti, altra cosa è se i 25 morti su un milione di infetti: è necessario individuare il denominatore reale prima di esprimere una valutazione definitiva. Ora mi preoccupa che ci sia un caso addirittura in Africa. Ma occorre rassicurare i lettori che se il virus arriverà in Italia, cosa verosimile, vi sono tutte le strutture necessarie per far fronte al contagio. Nelle farmacie di Roma sono terminate le mascherine. Una emergenza che provoca danni per 10 milioni, se subentra il panico provoca danni per 1000 milioni. L’unica cosa che si può fare è seguire quello che dicono le autorità; non intasare ad esempio i pronto-soccorso e ricordarsi che al momento è in corso anche la normale influenza stagionale. In sintesi occorre rispettare la salute come bene pubblico, nella consapevolezza che in questo momento le strutture sanitarie di molti Paesi subiranno uno stress-test, anche in termini economici. Lei recentemente ha detto che essersi vaccinato contro l’influenza stagionale è una delle cose sagge da fare per limitare i danni di un eventuale contagio dal nuovo coronavirus cinese. Oggi sembra che i vaccini siano un hobby, invece sono una mano santa. Proteggersi è una mossa saggia di sanità pubblica ma anche di protezione personale: se si viene infettati dal coronavirus con già l’ influenza in atto il nostro corpo sarà sicuramente più debilitato per affrontare il nuovo virus. Viceversa è contrarlo essendo in piena salute. Quella dei vaccini è una importantissima battaglia culturale. A proposito di battaglia culturale, aprendo il Suo sito ilariacapua.org in homepage troviamo un bellissimo video #Beautifulscience. Di cosa si tratta? C’è un grandissimo bisogno di avvicinare le persone alla scienza, soprattutto i giovani. Questa iniziativa, che viene diffusa grazie a questo video in cui Andrea Bocelli ha ceduto i diritti della sua canzone Vivo per lei, vuole raggiungere l’obiettivo di almeno un milione di visualizzazioni in un anno. Quello che vorrei è che gli insegnanti lo diffondessero nelle scuole perché se i ragazzi scoprono di avere passione per la scienza devono coltivarla e andarne fieri. Se vince la scienza vinciamo tutti.