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Comunque la si giri è una storiaccia. Forse è solo melma, ma forse sono sabbie mobili. La spiegazione che alla fine il premier Conte si è deciso a fornire, in attesa di un'audizione di fronte al Copasir che diventa di giorno in giorno più delicata, poco convince e pochissimo risolve. Conte avrebbe autorizzato l'incontro del 15 agosto, in piena crisi di governo, tra il direttore del Dis Vecchione, suo uomo di fiducia, e i vertici dei servizi italiani da un lato, e il ministro della Giustizia americano Barr accompagnato dal procuratore Durham solo a fini di investigazione sull'eventuale coinvolgimento dei precedenti governi italiani, quello di Renzi e quello di Gentiloni, sulla sempre eventuale costruzione di una trappola per Trump: il Russiagate. L'incontro, sottolinea Conte, era stato chiesto direttamente a Vecchione dal Dipartimento di Stato americano, versione smentita però dal New York Times appena due giorni fa.
Vero o falso che sia l'intento accampato da Conte, resta misterioso come l' ' interesse nazionale' fosse in ballo al punto da autorizzare un meeting segreto, seguito poi da un secondo incontro il 27 settembre, tra un ministro americano e i vertici dei nostri servizi segreti. Il premier fa sapere, tramite intervista, di essere ancora ' più duro di Craxi di Sigonella quando ci sono di mezzo gli interessi italiani'. Il punto critico, in questo caso, non è tanto la lesione degli interessi italiani quanto il sospetto, in fondo avvalorato dall'inatteso messaggio di sostegno sfegatato di Trump a ' Giuseppi', che il premier abbia fatto essenzialmente i propri interessi, sia accreditandosi con la potente casa Bianca, sia acquisendo informazioni da spendere poi sul mercato politico.
Proprio nel giorno dell'orgogliosa rivendicazione di ' durezza', con il premier che si lancia in una difesa a tutto campo dei servizi, ' comunità di valorosi professionisti al servizio della sicurezza', il Corriere della Sera mette nero su bianco una nuova tegola, scrivendo che, dopo l'incontro di agosto, Vecchione avrebbe avviato una discreta inchiesta, su richiesta del ministro della Giustizia degli Usa, i cui risultati sarebbero poi stati illustrati al medesimo Barr nel corso del secondo incontro, quello di settembre. ' Conte non fuggirà dal dire la verità al Copasir e agli italiani', annuncia stentoreo il capogruppo del Pd alla camera Delrio. In effetti in questo caso la fuga sarebbe impossibile, Il rifiuto di un premier di ricostruire una vicenda comunque scabrosa a ambigua di fronte al Copasir non è nell'ordine delle cose.
Certo, prima il Copasir dovrà dotarsi di un presidente, la cui identità avrà tutto il suo peso nel prosieguo di una vicenda che per Conte potrebbe diventare letale. La lega aspira a quel posto, che spetta di diritto all'opposizione. Ha cambiato candidato in corsa, sostituendo Molinari, non votabile per i 5S, con Volpi, che invece con i 5S ha un buon rapporto. Il voto della maggioranza, o di una parte della maggioranza, è determinante per la nomina del presidente e molti, soprattutto in FdI che ha in corsa un suo candidato, Urso, sospettano un accordo sottobanco tra Carroccio ed ex compagni di maggioranza. E' possibile che sia vero ma certo la divisione del centrodestra, che schiera addirittura 3 candidati con il forzista Vito in aggiunta ai 2 già nominati, oltre a essere un pessimo segnale in sé per la destra, schiude la porta, anzi rende inevitabili, le trattative trasversali.
Se conquisterà la guida del Copasir, Salvini avrà le carte in mano per vendicarsi dell'uso della vicenda Savoini fatto da Conte nel corso della crisi e subito prima. Se le rivelazioni del Corriere e del New York Times dovessero trovare conferma, e peggio se altre se ne dovessero aggiungere, la posizione di Conte, nonostante lo schieramento blindato del Pd in sua difesa, diventerebbe molto più fragile. Renzi infatti mira senza nascondersi a quel bersaglio e anche tra i 5S iniziano a serpeggiare alcuni dubbi.
La posta in gioco è alta. Non le dimissioni di Conte, che al momento non sembrano possibili e che non sono ancora l'obiettivo di Renzi anche se lo diventeranno al momento opportuno, ma la delega ai servizi segreti, che il premier, a differenza di quasi tutti i suoi predecessori, ha tenuto per sé e che intenderebbe mantenere. Quella delega è una delle fonti del potere che ha acquisito, nel corso di un anno e mezzo, partendo dal quasi niente. Perderla lo esporrebbe a un drastico ridimensionamento. Non a caso proprio a privarlo di quella delega mira oggi Matteo Renzi.