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Il professor Roberto Senigaglia
I rapporti tra genitori e figli sono oggi proiettati nell’onlife, una dimensione che non attenua – anzi, la accresce - la responsabilità genitoriale. Ne abbiamo parlato con il professor Roberto Senigaglia, ordinario di Diritto privato nell’Università Ca’ Foscari di Venezia.
Professor Senigaglia, siamo immersi nella Digital age, che però non mette in un angolo la responsabilità genitoriale. Cosa ne pensa?
La Digital age, in cui collocare la teoria della responsabilità genitoriale, rileggendo le sue regole e i suoi fondamentali, pone il giurista dinanzi ad assetti inediti del rapporto tra uomo e tecnica e a coordinate, altrettanto inedite, delle relazioni interpersonali, specialmente di carattere familiare. È un’età che, sul piano sociologico, si connota per un elevato tasso di complessità dinamica, che sollecita l’ordinamento dei rapporti giuridici privati, specialmente di carattere personale, a una continua opera di risistemazione dei suoi significati normativi. Voglio ricordare a tal proposito che oggi il tessuto sociale è prevalentemente composto da cinque generazioni.
Quali sono?
Partiamo da quella dei “Baby boomers”, nati tra il 1945 e il 1964. A seguire la “Generazione X” con i nati tra il 1965 e il 1984. E ancora la “Generazione Y” o “Millenials” nati tra il 1985 e il 1994, la “Generazione Z” o “Centennials”, vale a dire i nati tra il 1995 e la prima decade del 2000. Infine, troviamo la Generazione Alpha che comprende i nati dal 2010 ad oggi. Questa articolazione socio-generazionale fa intendere che le persone minori di età di oggi sono tutte native digitali della Generazione Z e della Generazione Alpha, avvezzi alla velocità dell’evoluzione tecnologica, per lo più figli di genitori delle generazioni X e Y, i quali, definiti come “immigrati digitali”, sono cresciuti prima dell’avvento delle tecnologie digitali approcciandosi ad esse successivamente e aprendosi, in modo disinvolto e finanche disinibito, ai loro ambienti per lo più percepiti come segreti e anonimi.
Il giurista deve farsi trovare pronto in questo nuovo contesto?
La complessità, come schematicamente rappresentata poc’anzi, reclama la sua composizione, anche in termini giuridici, sul terreno dell’esperienza di vita dell’onlife, che, abbattuti i rigidi confini della vita online e della vita offline, per usare una espressione del professor Luciano Floridi, «ridefinisce limiti e opportunità nello sviluppo delle nostre identità, nella loro presa di consapevolezza e nella loro comprensione sia personale sia collettiva». Un’esperienza che negli ambiti dell’infosfera mette allo scoperto tutti i rischi dell’imperante antropologia postumana o transumana, in cui la persona può giungere a essere soggiogata dalla tecnica per essere ridotta agli schemi delle sue impostazioni predefinite. Ebbene, dinanzi a questo contesto in cui la vita quotidiana mescola, se così si può dire, online e offline, quali sono le istanze di risistemazione dei contenuti, di carattere più strettamente personale, della responsabilità genitoriale? Al di là delle critiche mosse da più parti, il sintagma responsabilità genitoriale, recepito dalla riforma del 2012 e 2013 dalla tradizione di Common law e dalla normativa internazional-privatistica euro-unitaria, va evidentemente scardinato dalla categoria dogmatica della responsabilità, assumendo, invece, un significato più propriamente funzionale, quello che si addice più che al sostantivo “responsabilità”, al verbo “rispondere”. In sostanza, i genitori sono chiamati a rispondere alle istanze della personalità del figlio. Un significato, questo, chiaramente espresso dal Code civil francese, in cui si definisce l’autorité parentale come «un insieme di diritti e doveri mirati agli interessi del bambino».
I genitori hanno un ampio margine di autonomia decisionale in merito alla definizione delle linee educative. Questa zona di libertà conosce però dei vincoli?
Certo. Alcuni vincoli esistono per garantire la promozione del pieno e libero sviluppo della persona del figlio. Ora, educazione e istruzione dei figli sono prerogative demandate, in via prioritaria ed esclusiva, ai genitori. Tant’è che soltanto quando essi sono incapaci di assolvere a queste funzioni «la legge provvede che siano assolti i loro compiti ». Il riferimento è all’articolo 30, comma 2, della Costituzione. Il rapporto tra libertà e autorità è perciò arbitrato dalla «capacità» dei genitori di assolvere alla loro funzione, la quale trova il suo luogo categoriale nella capacità di discernimento, nel significato, a vocazione generale, di saper scegliere in funzione dell’interesse tutelato. Ebbene, se i doveri di assistenza morale, educazione e istruzione vanno eseguiti per promuovere la persona del figlio, come valore in sé, con tutti gli strumenti di cui ragionevolmente i genitori possono disporre, i loro contenuti e la loro funzione vanno declinati in ragione delle istanze della personalità del figlio, fossero anche di autodeterminazione, e dei valori della democrazia. L’attività formativa va svolta dai genitori, come puntualizza la Corte di legittimità, «impartendo ai figli l’educazione al rispetto delle regole della civile convivenza, nei rapporti con il prossimo e nello svolgimento delle attività extra-familiari».
Nel quadro da lei indicato si inserisce il tema dell’emergenza educativa?
Sì, l’emergenza educativa contemporanea, da più parti denunciata più in forma retorica che pratica, consiste nel prendere coscienza che la dimensione onlife implica il necessario coinvolgimento di più centri educativi per l’edificazione di una cultura digitale improntata all’umanesimo scientifico, che ponga il pieno e libero sviluppo della personalità, e, quindi, il bene sociale comune, come orizzonte funzionale e limite invalicabile del funzionamento di qualsiasi macchina, anche la più “potente” o intelligente. Pluralità di centri educativi che deve comunque porsi in funzione di sostegno del dovere di educazione dei figli, costituzionalmente demandata, in via esclusiva, ai genitori. Si tratta di un’emergenza che entra nel cuore dei rapporti familiari poiché riguarda una componente fondamentale della “capacità” genitoriale e della formazione della persona nella sua comunità primaria. E questo in nome della tutela della persona come valore in sé, alla quale pare essere orientato anche tutto la European digital law.