PHOTO
OLIVIERO MAZZA DOCENTE UNIVERSITA' DI MILANO
«Finora non ho sentito un solo argomento contrario alla riforma basato su dati di realtà». Separazione delle carriere, ne parliamo con Oliviero Mazza, ordinario di diritto processuale penale all’Università degli studi Milano-Bicocca.
Uno dei principali argomenti della magistratura contro la separazione delle carriere è: i cittadini saranno più deboli di fronte ad un super pm che non cercherà più elementi a discarico. Ma perché ciò dovrebbe essere automatico?
Il pm che svolge accertamenti in favore dell’indagato è una leggenda processuale, una previsione inattuata nell’odierno sistema e che tale rimarrà anche dopo la separazione. Del resto, è illogico pensare che chi formula un’ipotesi d’accusa, che poi è l’ipotesi di lavoro del pm, cerchi anche di smentirla. Il pm è una parte che coltiva una sua ricostruzione nel rispetto delle regole processuali, così come la difesa è chiamata a contraddire tale ricostruzione, è la fisiologia del processo di parti scritto nell’articolo 111 della Costituzione.
Un’altra obiezione è: il pm finirà sotto il potere politico. Anche questo pare un automatismo nel ragionamento della magistratura. Ma è davvero così, dal momento che la riforma non tocca la Costituzione nella parte che sancisce l’indipendenza della magistratura?
La riforma rafforza l’indipendenza del pubblico ministero, è scritto a chiare lettere nel nuovo articolo 104 comma 1 della Costituzione. Vale la pena di citarlo testualmente: «La magistratura costituisce un ordine autonomo e indipendente da ogni altro potere ed è composta dai magistrati della carriera giudicante e della carriera requirente». È una previsione ben più solida dell’attuale articolo 107 comma 4 della Costituzione, ma la magistratura finge di non accorgersene, paventando pericoli inesistenti.
Tra politica e toghe ci sono accuse reciproche di invasioni di campo: secondo lei, chi ha invaso il campo di chi?
Il Parlamento ha il compito di legiferare anche in materia costituzionale, non vedo invasioni di campo. Non dimentichiamo che l’attuale maggioranza è stata democraticamente eletta sulla base di un programma elettorale che comprendeva la separazione delle carriere e che il popolo sarà chiamato ad esprimersi sulla riforma con referendum. In democrazia non esistono terreni riservati al dominio della magistratura, mi sembra improprio parlare di invasioni. Certo, l’ordinamento giudiziario è la legge che regola la vita dei magistrati, ma la reazione alla quale stiamo assistendo non trova alcuna giustificazione.
Andiamo al vero nodo del contendere: il sorteggio per il Csm. Anche tra i fautori della riforma c’è un certo scetticismo, trattandosi di un organo di rilevanza costituzionale. Lei come lo valuta?
C’è un antefatto che ormai sembra dimenticato ed è il caso Palamara. Quella indagine, peraltro sfociata in esiti processuali difficilmente comprensibili, ha svelato un indecoroso sistema di condizionamento illecito delle scelte del Csm determinato dalla degenerazione correntizia della magistratura. A mali estremi, rimedi estremi. Il sorteggio non è la soluzione migliore in una situazione normale, ma qui siamo di fronte a una conclamata patologia alla quale occorre reagire con strumenti efficaci. Del resto, c’è un precedente importante, anche questo volutamente dimenticato, e riguarda i professori universitari.
Nel 2010, per arginare la degenerazione baronale dei concorsi manifestatasi con le elezioni dei commissari, si è passati al sorteggio puro. Da ormai 15 anni le commissioni dei concorsi di abilitazione nazionale sono formate per sorteggio puro, potendo quindi essere affidate anche al più giovane di ruolo fra i professori ordinari. Nessuno si è lamentato, nessuno ha gridato allo scandalo, il sorteggio non è certamente un sistema perfetto, ma ha funzionato e ha certamente depotenziato la tendenza di alcuni professori a condizionare gli esiti concorsuali. C’è un evidente parallelismo fra le due vicende: degenerazione correntizia, da un lato, baronale, dall’altro, unico rimedio possibile, il sorteggio. È ovvio che la maggior parte dei professori universitari credono nel merito e vorrebbero che nelle commissioni nazionali di concorso trovassero posto solo i migliori come tali riconosciuti dalla comunità scientifica, ma se ciò non è realisticamente possibile, allora meglio il sorteggio. Lo stesso vale per i magistrati.
Non sarebbe meglio un sorteggio temperato?
Questione curiosa che inopinatamente trova ampi consensi anche nell’avvocatura. Sorteggio temperato significa che non tutti i magistrati sono in grado di assumere decisioni sulla carriera dei colleghi. Se così fosse, bisognerebbe però spiegare all’opinione pubblica perché quel magistrato, che non sarebbe in grado di giudicare il collega su aspetti puramente amministrativi, potrebbe, invece, privare un cittadino della libertà personale o del patrimonio. Credo che sia evidente il cortocircuito logico. In realtà con il sorteggio temperato si vuole mantenere lo status quo, si vuole tutelare il potere che alcuni magistrati da sempre esercitano sull’intera categoria. Personalmente ritengo preferibile un ricambio anche generazionale, non mi spaventa affatto l’idea che al Csm sieda un giudice giovane di prima nomina, animato dai migliori ideali, non condizionato dalle correnti. Sarebbe davvero un bel segnale di cambiamento. E poi, torno a dire, sono questioni amministrative che incidono sulla carriera dei magistrati, chi può mandare in carcere un cittadino può decidere anche tali questioni.
Le degenerazioni correntizie finiranno col sorteggio?
L’esperienza dei professori universitari lascia ben sperare, ma certamente ci vuole anche un cambiamento in senso etico della categoria. Ho sempre pensato che chi esercita il potere terribile di giudicare il prossimo debba essere un esempio specchiato di moralità, altrimenti l’intero sistema giudiziario perde credibilità. In gioco non c’è solo il rapporto malato con la politica, ma la tenuta democratica del Paese che si fonda sulla fiducia nella magistratura.
Come le è sembrato il post- Palamara?
Non quello che mi sarei aspettato. Per molto meno, in altri ambiti, la risposta penale della magistratura è stata durissima, sarebbe interessante confrontare quella vicenda giudiziaria con altri casi analoghi riguardanti il mondo della politica o dell’imprenditoria. È anche mancato un serio esercizio del potere disciplinare. In ogni pagina dei libri pubblicati da Palamara ci sono almeno un paio di notizie di reato e di illeciti disciplinari, ma non mi risulta che siano stati aperti altrettanti fascicoli processuali.
Anche sull’Alta Corte c'è scetticismo. È corretta l’impostazione che si è data a questo nuovo organo?
C’è molta disinformazione, temo voluta. Chi osteggia la separazione delle carriere o il sorteggio al Csm cerca ogni appiglio per far naufragare la riforma nel suo complesso. Trasferire il potere disciplinare all’Alta Corte è una scelta sacrosanta e la sua composizione riflette la necessità di decidere anche sulle impugnazioni dei provvedimenti disciplinari.
Per la maggior parte, l’opinione pubblica non sa cosa sia il Csm e la politica giudiziaria viene interpretata solo attraverso la lettura che la politica dà delle sentenze. Come pensa che impatterà sul referendum costituzionale? Chi l’avrà vinta?
Sarà necessaria una straordinaria opera di informazione, di chiarezza concettuale, per superare tutte le fumisterie critiche che già aleggiano nel dibattito pubblico. Non sarà certo una battaglia facile e dall’esito scontato, per questo motivo non comprendo l’atteggiamento di una parte dell’avvocatura che si mette a fare le pulci alla riforma. Anch’io ritengo che manchi qualcosa, ad esempio l’indicazione già in Costituzione di concorsi distinti o la discrezionalità tecnica dell’azione penale, ma non è questo il momento di delegittimare il disegno complessivo. Ho l’impressione che molte osservazioni provenienti anche dall’avvocatura e dal mondo accademico siano politicamente orientate dalla contrarietà all’attuale maggioranza. Questo è un errore di metodo, una riforma costituzionale va valutata per i contenuti, non per chi la propone.
La magistratura ha manifestato contro la riforma. Lo sciopero, dice anche la politica, è legittimo, ma il governo accusa le toghe di eversione. E c’è chi ricorda: anche i penalisti abbandonarono le aule in segno di protesta. Le situazioni sono paragonabili?
Non contesto la legittimità in sé dello sciopero, anche se gli avvocati hanno un ruolo diverso e godono di maggiore libertà, in quanto privati cittadini, vorrei però che la magistratura utilizzasse argomenti chiari e veritieri per sostenere la sua contrarietà. Dire che la riforma va contro la Costituzione è semplicemente falso, perché da 25 anni la Costituzione impone la terzietà del giudice, ossia il suo distacco, sul piano ordinamentale, dalle parti e quindi anche dal pm. La terzietà è un quid pluris rispetto all’imparzialità e rappresenta lo schema triadico del processo penale in cui il giudice, per suo statuto, si pone in posizione di equidistanza tanto dall’accusa quanto dalla difesa. Anche dire che il pm finirà sotto l’esecutivo è falso, perché il nuovo articolo 104 comma 1 della Costituzione ne rafforza l’indipendenza. Finora non ho sentito un solo argomento contrario alla riforma basato su dati di realtà.