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Continua il dibattito sull’emendamento del responsabile giustizia di Azione, Enrico Costa, che mira a vietare la pubblicazione dell’ordinanza di custodia cautelare. Dopodomani la Federazione nazionale della Stampa non parteciperà alla conferenza stampa di fine anno della premier. Ne parliamo con il dottor Eugenio Albamonte, già Presidente dell’Anm ed ex Segretario di AreaDg.
Immagino lei sia contrario all’emendamento Costa. Perché?
Sono contrario perché realizza l’embargo dell’informazione giudiziaria. E questo va in danno dei cittadini che non sapranno più perché una persona è privata della libertà personale e della magistratura che si vuole parli soltanto con i suoi provvedimenti; in questo modo quest'ultima non potrà fare neanche questo e quindi sarà esposta alla narrazione partigiana degli indagati eccellenti e della politica faziosa che racconteranno le cose come pare a loro. In fin dei conti in danno della democrazia che si basa sulla trasparenza e sul controllo diffuso dell’attività pubblica affinché i cittadini possano esercitare nei confronti della giustizia, dell’amministrazione e della politica il loro giudizio critico, evidenziando gli eventuali errori e criticando quando avvengono le cadute professionali.
Quando ho partecipato questa sua tesi, Costa ha sorriso perché sostiene che nessun giornale si preoccupa dell’indagato: non sono persone in carne ed ossa ma notizie.
Ricordo a Costa che nella cosiddetta Repubblica popolare cinese il processo è segreto come anche la condanna e l’espiazione della pena. I cittadini semplicemente spariscono dalla circolazione e si viene a sapere che sono nelle mani dello Stato. Mi meraviglio che un sincero garantista come Costa non percepisca la differenza che si basa tutta sulla trasparenza dell’azione giudiziaria e il pieno accesso di tutti alle motivazioni per le quali un cittadino è privato della libertà.
Lei non crede che comunque non sia sano, anzi eccessivamente osmotico, il rapporto tra procure e stampa e questo emendamento serva a spezzare questo cordone?
Quello di cui non si parla mai è il rapporto tra l’avvocatura e la stampa. Molti cronisti giudiziari potrebbero testimoniare, salvo riservatezze delle fonti, come la maggior parte dei provvedimenti giudiziari, ed in particolare le motivazioni delle misure cautelari, vengano diffuse dai legali. E questo normalmente avviene per veicolare con maggior forza la tesi difensiva da loro sostenuta attraverso gli organi di informazione. Questo, insieme alla patologia di una eccessiva mediatizzazione delle indagini da parte di alcuni pm, contribuisce alla distorsione dell’informazione giudiziaria, che pure è un problema. Ma la cattiva informazione si combatte con la buona informazione e non con nessuna informazione.
Però il suo giudizio potrebbe essere di parte. Lei è un pm e come sostiene Costa, siccome vi hanno tolto il giochino delle conferenze stampa, avete bisogno delle ordinanze di custodia cautelare per fare marketing giudiziario.
Una cosa è certa: le direttive europee non prevedono questo tipo di misure e anche la restrizione imposta alla comunicazione giudiziaria dalla legge sulla presunzione di innocenza travalica abbondantemente i parametri europei. Questi invece prevedono un giusto bilanciamento tra una diffusa, capillare e dettagliata informazione giudiziaria e il contestuale rispetto del principio di non colpevolezza. Lo dice diffusamente Glauco Giostra in un recente articolo. A me sembra che Costa riveli con queste espressioni una tensione al conflitto tra tifoserie opposte che a me non appartiene.
Chi ha appoggiato l’emendamento Costa sostiene che si tornerà alla normativa ante 2017 e allora nessuno gridava al bavaglio.
Se mettiamo questa riforma insieme a quella sulla presunzione di innocenza emerge un quadro che in modo assolutamente consapevole vuole mettere in mano il monopolio dell’informazione giudiziaria agli indagati, ai loro difensori, alle rispettive tifoserie mediatiche ad alle strumentalizzazioni politiche. Una situazione nella quale il diritto di cronaca verrà orientato inevitabilmente in una unica direzione.
Alessandro Barbano qualche giorno fa sul Dubbio ha ricordato che l’art. 292 cpp dovrebbe vincolare il giudice all’onere di dare rilievo ai soli elementi in diretto contatto con l’imputazione, ai fini del giudizio di gravità indiziaria. Però sappiamo che nella prassi accade il contrario e nell'ordinanza finiscono anche terzi estranei. “Piuttosto che legare le mani ai giornalisti, sarebbe necessario tipizzare criteri di pertinenza e di continenza, sanzionando con un illecito disciplinare ad hoc il magistrato che non rispetti questa norma”. Sarebbe d’accordo?
Barbano evidentemente fa riferimento ad una stagione ormai passata e da me più volte pubblicamente stigmatizzata. Quando cioè nei provvedimenti giudiziari si metteva anche l’irrilevante, persino quando incideva profondamente nella privacy delle persone indagate e dei terzi, indulgendo a volte in particolari pruriginosi. Ricordo però che su questi temi è intervenuta la riforma dell’ex Ministro Orlando sulle intercettazioni che ha fortemente limitato la possibilità che ciò avvenisse e ha ridisciplinato completamente la tecnica di redazione dei provvedimenti cautelari. Tanto che in una recente audizione del Garante privacy alla commissione Bongiorno lo stesso ha riferito che dall’entrata in vigore della legge episodi come quelli ricordati da Barbano non si sono mai più verificati.
La FNSI è mobilitata contro quello che definisce bavaglio. Tuttavia le aule di tribunale sono poco frequentate quando ci sono i processi. Al massimo i media vengono il primo e ultimo giorno. Anche il prof Spangher ha sostenuto che l’indagato è un morto che cammina perché anche se poi è assolto su di esso si cristallizza la narrazione delle indagini preliminari. Condivide la visione per cui c’è troppa attenzione sulle indagini preliminari e poca sul processo?
Condivido assolutamente e questo è un difetto che però riguarda prevalentemente la mentalità di chi svolge attività di informazione. Anche io preferirei un processo nel quale l’unica parte pubblica oggetto di attenzione fosse quella del dibattimento. Ma per far questo non serve la riforma Costa che creerà soltanto un atteggiamento più morboso e meno equilibrato proprio sulla fase delle indagini preliminari senza spostare l’attenzione sul processo.
Quindi secondo lei si alimenterà il mercato nero delle ordinanze di custodia cautelare?
In verità l’emendamento Costa non vieta la diffusione delle ordinanze. Ne vieta soltanto la pubblicazione per intero o per estratto. Il che vuol dire che gli organi di informazione continueranno a poter disporre delle ordinanze ma, anziché pubblicarne dei virgolettati, dovranno riassumerne i contenuti e in un sistema comunicativo in cui gran parte dell’informazione sui temi della giustizia ha un approccio partigiano questo rimettersi alla discrezionalità del giornalista può creare più confusione e più danni di quanti ne possa risolvere.