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Giuseppe Paccione
«Il trasferimento di individui viene considerato un comportamento che lede un bene giuridico, cioè il diritto delle popolazioni civili a continuare a vivere all'interno della propria comunità».
Parte da questo ragionamento Giuseppe Paccione, esperto in diritto internazionale e capo redattore dell'Osservatorio di politica internazionale PrPChannel, nell’analizzare l’iniziativa della Camera preliminare II della Corte penale internazionale, che il 17 marzo scorso ha emesso i mandati di arresto per Vladimir Putin e Maria Lvova- Belova. L’accusa nei confronti del presidente russo e della commissaria per i diritti dei bambini è gravissima: deportazione illegale di bambini e trasferimento illegale dalle zone occupate dell’Ucraina alla Russia.
Dottor Paccione, nei mesi scorsi abbiamo parlato della possibilità di un processo a carico del presidente russo Vladimir Putin. Pochi giorni fa il mandato di arresto della Cpi. Il cerchio si stringe?
È una possibilità, direi, abbastanza concreta. Ha come fine quello di perseguire penalmente il principale responsabile di una guerra assurda contro un paese sovrano e indipendente. Non a caso da un anno si sta delineando un “Tribunale speciale ad hoc” contro Putin e contro tutti coloro che hanno dato avvio all’aggressione ai danni dell’Ucraina. Ma nell’intervento della Camera preliminare II della Corte penale internazionale, che ha accolto la richiesta del Procuratore di emettere un mandato di cattura internazionale nei riguardi di Vladimir Putin e Maria Lvova- Belova, si parla di soli crimini di guerra che rientrano nella competenza della Cpi, poiché la sua giurisdizione è limitata ai crimini più gravi che possono allarmare l’intera comunità internazionale. A questo punto la libertà di movimento di Putin diventa sempre più limitata.
La dichiarazione del presidente della Cpi, Piotr Hofmanski, è entrata nella storia?
Le parole di Hofmanski vanno ascoltate con attenzione. Il presidente della Cpi ha dichiarato che il mandato di arresto è stato emesso per crimini di guerra contro le uniche persone di Vladimir Putin e di Maria Lvova- Belova, commissario per i diritti dei bambini presso l'Ufficio del Presidente della Federazione Russa. Hofmanski fa riferimento al tema delle deportazioni, trasferimenti, detenzioni illegali dalle zone occupate dell'Ucraina alla Russia di bambini ucraini, ricordando che il trasferimento, diretto o indiretto, ad opera della potenza occupante di parti della sua popolazione civile, in questo caso di cittadini ucraini, nei territori occupati al di fuori del territorio ucraino viene reputato illecito. Una condotta illecita rientrante nella sfera del crimine di guerra, sancito dallo Statuto di Roma, che, a sua volta, è disciplinato anche dalle quattro Convenzione di Ginevra in merito al trasferimento forzato e alla deportazione di persone. Il trasferimento forzato di persone è vietato qualunque ne sia la ragione, come pure la deportazione, che viene a configurarsi come il movimento non volontario di individui costretti a lasciare la loro residenza abituale.
Mosca ostenta sicurezza e disprezzo verso l’azione giudiziaria della Corte penale internazionale. È giustificabile questo atteggiamento? Deriva dalla mancata adesione da parte della Russia allo Statuto di Roma?
Anche se Mosca ha considerato tale mandato come una “ricetta” de jure nulla, la sua condotta non la esclude dalla responsabilità di aver violato il diritto internazionale con l’atto di aggressione, vietato dalla stessa Carta della Nazioni Unite, ma anche l’aver violato altri strumenti internazionali che concernono il conflitto internazionale armato. Mi riferisco alle quattro Convenzioni di Ginevra e ai due Protocolli addizionali. È vero che la Russia non ha stipulato e ratificato lo Statuto di Roma, tuttavia ciò non la esime dall’obbligo di rispettare la sovranità, l’indipendenza politica e l’integrità territoriale dell’Ucraina. Vige anche per la stessa Russia l’applicazione della regola “pacta sunt servanda”, enunciato nella Convenzione di Vienna sul diritto dei Trattati del 1969.
Teoricamente e tecnicamente chi potrebbe consegnare Putin alla Corte penale internazionale?
Su questo punto va precisato che Putin potrebbe essere arrestato e tradotto dinanzi ai giudici penali internazionali dell’Aia nel caso in cui viaggiasse in uno degli Stati membri della Corte stessa. Ergo, il mandato d’arresto internazionale ha una sua limitazione e validità solo per quei paesi che hanno ratificato lo Statuto di Roma. Ad esempio, se mettesse piede sul nostro territorio, le autorità italiane avranno il dovere di trarlo in arresto e consegnarlo ai giudici dell’Aia, poiché l’Italia ha ratificato lo Statuto di Roma.
Cosa potrebbe cambiare sul versante della guerra in Ucraina con questo mandato di arresto?
Per ora nulla, per la semplice ragione che le parti in conflitto attualmente sono concentrate l’una a respingere l’occupante, l’altra a non cedere. Tuttavia, il mandato di arresto internazionale resta e potrebbe avere un tempo indeterminato. Si sa che, ormai, Putin è considerato un criminale di guerra e come tale il mandato di cattura resta con il suo “fumus persecutionis”. La presenza di Putin, ad esempio, nella città di Mariupol e in Crimea è stato un forte segnale che egli ha voluto lanciare alla comunità internazionale, alla Cpi e, infine, al governo ucraino per dimostrare la sua non intenzione di tirarsi indietro nel restituire quei lembi territoriali che ha occupato manu militari. Territori che reputa ormai parti integranti della Russia.