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Governare è un’attività molto faticosa e che assai spesso costa, negli anni, una notevole quantità di voti. È così in gran parte dell’Occidente. In Italia - da quando si è rovesciato il detto andreottiano “il potere logora chi non ce l’ha” - lo è ancora di più. Dal 1994 nessuna maggioranza di governo è riuscita a farsi confermare dalle urne. Gli elettori hanno mandato a casa tutti i governi, quelli di centrodestra, quelli di centrosinistra, quelli tecnici e quelli trasversali.
Dunque si capisce bene che ora Cinque Stelle e Lega - cioè i due partiti che hanno vinto le elezioni - siano un po’ tremanti di fronte alla prospettiva di dovere assumere la responsabilità di governare l’Italia. Però la politica è così: ti premia, a volte, e a volte tu punisce, ma sempre ti chiede una cosa: responsabilità. Un partito che si tiri indietro se chiamato a governare, sarebbe un partito che dimostra di non avere il senso della responsabilità nazionale. Le elezioni - per la prima volta in Europa - le hanno vinte i populisti, come domenica scorsa aveva auspicato e previsto Steve Bannon, lo stratega di Trump.
Bannon è venuto a Roma per seguire il voto e per inseguire il sogno dell’internazionale populista. ( Il termine populista magari è un po’ impreciso ma è usato abitualmente dalla politologia e dal giornalismo internazionale). È chiaro che i populisti italiani, a questo punto, sono chiamati a compiere un salto di qualità.
Certo, non sarà facile per Di Maio e Salvini trovare gli accordi necessari per formare insieme o separatamente - un governo. Però dovranno farlo. E se non ci sarà altra strada, dovranno allearsi. I due partiti - e anche i due leader - sono in competizione tra loro: però le loro identità non sono così lontane e i loro programmi di certo non sono inconciliabili. Non possono tirarsi indietro solo perché è difficile trovare una formula che soddisfi entrambi. È compito loro trovare questa formula. La democrazia funziona così: gli elettori hanno dato una indicazione per chiedere che a governare non sia più il Pd ma i 5 Stelle e la Lega. L’indicazione del voto va rispettata.
E Berlusconi? Se qualcuno vorrà appoggiare un governo di centrodestra, bene, altrimenti è difficile chiedergli di governare con i 5 Stelle, sono troppo lontani da lui.
E il Pd? Ha pagato un prezzo altissimo al suo impegno degli ultimi anni al servizio del paese. Gli elettori hanno giudicato negativamente questo servizio. Il Pd ha ora l’obbligo di rispettare l’esito del voto, di riorganizzarsi, e di cercare la strada per ridare una prospettiva alla sinistra italiana. Nessuno può chiedergli di sciogliersi per consentire ai 5 Stelle di governare. Anche perché la cultura politica del Pd - liberale e di sinistra - è lontana le mille miglia dal populismo dei 5 Stelle. Che i vincitori ora chiedano soccorso al Pd, dopo averlo indicato come il male dei mali dell’Italia, francamente non è ragionevole. Né è ragionevole, dopo aver strepitato contro il rischio dell’inciucio tra Renzi e Berlusconi, ora chiedere che il Pd si pieghi a un inciucio con Di Amaio. Mi pare che siano concetti assolutamente evidenti.
P. S. I 5 stelle hanno ottenuto in Sicilia quasi il 50 per cento dei voti. Li hanno ottenuti perché i siciliani hanno espresso in questo modo il loro malcontento. Speriamo che ora “Il Fatto” non ricominci con la tiritera che chi prende troppi voti in zone mafiose è sospettabile di voto di scambio...