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«Un magistrato molto importante e un politico di razza hanno dall’inizio cercato di offuscare la mia immagine, il mio impegno verso gli immigrati, i più deboli». A chi si riferisce Mimmo Lucano quando, intervistato dal Corriere della Sera, indica due persone come i principali responsabili della sua persecuzione? L'ex sindaco di Riace non vuole fare nomi, non prima delle motivazioni della sentenza su cui pendono «ombre poco chiare». Non resta allora che tentare di costruire un identikit sulla base dei pochi indizi forniti dal “curdo”. Sul «politico di razza» i “sospetti” non possono che ricadere su due ministri dell'Interno: Marco Minniti e Matteo Salvini. È con loro che Lucano ha intavolato un braccio di ferro da anni, ritenendoli responsabili dell'assalto al “modello Riace”. È sotto la direzione del primo, infatti, che il Viminale, tramite la Prefettura, invia gli ispettori al Comune per verificare eventuali irregolarità. Ed è durante il mandato del secondo che il “villaggio globale” costruito dall'ex sindaco finisce quotidianamente impallinato dall'artiglieria pesante della “Bestia”. Del resto Lucano non ha mai fatto mistero della sua opinione sui due ex ministri, soprattutto sull'esponente del Partito democratico, ripetutamente criticato a mezzo stampa. Difficile, dunque, immaginare un profilo terzo analizzando le parole contenute nell'intervista. È sul «magistrato importante» che si addensano però le nubi maggiori. Di chi non fa il nome l'ex sindaco condannato. Per provare quanto meno a trovare una rosa di “sospettati” bisogna continuare a leggere il pezzo fino al punto in cui Lucano fornisce un altro indizio: «Hanno voluto (e vogliono) che si parlasse solo di loro, delle loro attività, dei loro libri, delle loro inchieste», spiega. A questo punto sarebbe legittimo circoscrivere la ricerca tra le toghe dalla penna facile. Escludendo dall'elenco Gianrico Carofiglio, che ha lasciato la magistratura da tempo, non resta che guardare altrove, tra i campioni d'incassi e di prestigio. Rimangono dunque Giancarlo de Cataldo, scrittore, drammaturgo e giudice della Corte d'Assise di Roma, il più famoso degli scrittori proveniente dai tribunali, ma che mai ha incrociato le vicende di Mimmo Lucano nemmeno per sbaglio. E c'è anche Nicola Gratteri, autore di vari bestseller (nonché firma di una prefazione a un libro no vax), tecnicamente lontano, come de Cataldo, da ogni questione giudiziaria legata a Lucano. L'unico collante tra i due resta la geografia: sono entrambi locridei. Un particolare non da poco, a ben guardare. Non è certo se tra i due corra buon sangue, ma il procuratore capo di Catanzaro non può che rientrare di diritto nella lista degli indiziati. Per saperne di più bisognerà aspettare meno di 90 giorni per le motivazioni della sentenza. Solo allora, assicura Lucano, farà i nomi dei suoi “aguzzini”.