Per Gianfranco Pasquino, professore emerito di Scienza politica all’Università di Bologna, con il voto di ieri al Parlamento europeo «il Pd non soltanto si è spaccato ma ha anche abbandonato la linea ufficiale dei Socialisti e democratici europei e questo è ancora più brutto perché significa che mancano ancora dei passi per diventare un grande partito del socialismo europeo e per diventare dunque un grande partito europeista».

Professor Pasquino, come giudica la spaccatura avvenuta nel Pd sulla risoluzione al Parlamento europeo?

Il Pd è un grande partito rappresentativo del paese e se su una scelta cruciale si spacca non va bene. Ma il Pd non soltanto si è spaccato ma ha anche abbandonato la linea ufficiale dei Socialisti e democratici europei e questo è ancora più brutto perché significa che mancano ancora dei passi per diventare un grande partito del socialismo europeo e per diventare dunque un grande partito europeista.

Crede che la linea di Schlein sia dettata dal fatto di avere alla sua sinistra un partito come il M5S che ha una visione molto netta contro il piano ReArmEu?

Non condivido per nulla né la posizione di Conte né quella secondo la quale un partito si farebbe orientare nel proprio voto da quella, estrema e impossibile da sostenere, di un altro partito. Quella che fa influenzare da una pessima politica è una cattiva politica.

Sembra che Schlein abbia minacciato le dimissioni nel caso in cui fosse finita in minoranza, scenario evitato soltanto grazie alle astensioni dei tre indipendenti: che ne pensa?

Quando una leader minaccia le dimissioni ha già perso la sua posizione di leader. Un leader cerca di aggregare e non di dividere il partito ulteriormente con delle modalità abbastanza autoritarie e imperative. È una brutta situazione che segnala un problema di leadership e di cultura politica.

La minoranza ha chiesto che si faccia un confronto interno, che tuttavia suona molto di resa dei conti: si arriverà a tanto?

Se il dibattito interno serve solo a contarsi tanto vale non farlo; se invece serve a raggiungere posizioni politicamente condivise allora ci si può provare. Ma il Pd ha perso la sua capacità di creare cultura politica e questo è un problema per un grande partito che si dice di sinistra.

L’ha persa con Schlein o già da prima?

Probabilmente non l’ha mai avuta ma alcuni segretari del passato cercavano di mediare in maniera raffinata. Non Renzi, naturalmente, ma altri sì. E forse gli attuali dirigenti dovrebbero ripensare la linea.

Pensa che le divergenze su un tema così dirimente come la politica estera possa portare a un cambio di leadership, dopo che Schlein ha rianimato un partito che sembrava moribondo?

Da questo punto di vista è Schlein che deve dirci se è in grado di ricucire le diverse posizioni presenti nel Pd. E non esagererei troppo sull’aver riconquistato voti, perché più che riconquistati da Schlein quei voti sono stati persi da Conte. Il problema non sono tanto i voti ma le idee.

Ma Schlein ha ravvivato il Pd proprio spostandosi su posizioni “movimentiste”, o no?

Quelli che hanno votato i Cinque Stelle e che poi sono tornati a votare Pd non sono voti “movimentisti” ma di elettori che cercano una soluzione di governo. Il problema è riuscire a ricucire all’interno del Pd, quindi non tanto strappare altri voti al M5S, che verranno da soli se il Pd avrà una linea chiara e netta.

Ad esempio?

Bisogna trovare una linea di condivisione delle politiche europee e proporre dei cambiamenti avanzati che non producano inciampi alla linea europea. E che siano maggiormente incisivi.

Come il ReArmEu?

Innanzitutto non avrei mai usato la parola riarmo perché non si tratta di riarmare l’Europa ma di armarla. In secondo luogo credo che il piano von der Leyen sia sostanzialmente corretto, magari per quello che riguarda il finanziamento credo che abbia ragione Giorgetti. Servono le armi e serve anche la diplomazia, nel senso di aumentare la credibilità dei ruoli associati alla Difesa all’interno della Commissione.

Cioè occorre cambiare le funzioni dell’Alto rappresentante per la Politica estera e la Sicurezza?

Il ruolo è corretto, ma bisogna che si spieghi chiaramente a tutti che se si vuole parlare di difesa e politica estera è quella la persona con la quale discutere. In generale, credo che bisogna riuscire a far si che ci sia un esercito europeo e non una somma di eserciti nazionali: non so tecnicamente come si può fare ma serve un esercito europeo guidato da persone convinte del progetto.

Come giudica le mosse del presidente americano Donald Trump sull’Ucraina e il Medio Oriente?

Temo le giravolte e le improvvise impennate di Trump. Perché non sono così sicuro che abbia padronanza delle relazioni internazionali e non sono nemmeno convinto che il suo segretario di Stato sia abbastanza forte da convincerlo delle cose da fare. Ma ovviamente mi auguro che sia in grado di farlo.