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Terminata la fase più cruenta della battaglia il polverone si dirada e diventa agevole riconoscere i tratti dei vincitori e degli sconfitti. Che abbiano vinto i Cinquestelle non ci sono dubbi. Macché vinto, stravinto. Dei loro avversari non rimane quasi nulla. E non si tratta qui della conferma di Conte a Palazzo Chigi, della poltrona comoda per Di Maio, di ministri e ministeri, di viceministri, sottosegretari e commissari europei. Quelle sono conseguenze, epifenomeni come dicono alcuni, onde sulla superficie di un mare dominato dalle correnti profonde. Quelle che hanno cancellato Salvini e Meloni, travolto Zingaretti e imposto la soluzione di governo rosso- gialla.
Perché la politica è una cosa seria e alla fine vince sempre il più forte, quello che ha saputo riconoscere per primo da che parte tira il vento della storia e orientare di conseguenza le proprie vele. Quello che impone la propria egemonia culturale, per dirla con Gramsci. E non ci sono dubbi che Grillo e Di Maio abbiano interpretato in modo esemplare le pulsioni della nostra epoca. Renzi, che ha un buon naso, l'ha capito presto e subito e si è adattato. Gli conveniva, ma il merito è stato nel riconoscere che la corrente andava in quella direzione. Con buona pace di Salvini, improvvisamente apparso stanco e imbolsito, con quel suo insistere a twittare e parlare al telefonino per farsi ascoltare dai suoi, mentre il resto del mondo si accordava per abbandonarlo su di un'isola deserta, con un barilotto d'acqua e due scatole di gallette, e in una settimana perdeva nei sondaggi il 5 per cento dei voti.
Scomparse le ideologie - sarebbe meglio dire ridicolizzate - in epoca di minimalismo individualista l’uno vale uno impazza. Trascende la dimensione di slogan che i suoi creatori gli avevano attribuito, nega la demenzialità tautologica che sembrava contraddistinguerlo per divenire massima comportamentale. Si affianca alla dichiarazione napoleonica per la quale nello zaino di ogni soldato c'è un bastone di maresciallo. Conte e Di Maio, persino Toninelli, stanno lì a dimostrare che è tutto vero. Trump lo conferma dagli Stati Uniti, insieme a Bill Gates. La società liquida è anche questo ricrearsi quotidiano di una realtà sempre cangiante, come nei romanzi di Philip Dick, nei quali i protagonisti cambiano personalità da un capitolo all'altro e anche i mezzi meccanici regrediscono perdendo via via tecnologia.
È bastato sussurrare che l'accordo M5S- Pd era concepibile, almeno in via teorica, perché tutto procedesse da solo, travolgendo qualunque ostacolo, difficoltà o pudore, al modo della tragedia greca, con il fato che la fa da padrone e Marco Travaglio cieco Omero che si accompagna con la lira mentre canta le meraviglie del nuovo governo, al quale ci si deve riferire cromaticamente perché politicamente non avrebbe senso.
Questo è il post moderno in politica, al quale tutti devono cominciare ad abituarsi, per primi i leader della destra, se vogliono davvero rientrare nella stanza dei bottoni.
L'unico che sembra non avere nulla da imparare è il Presidente Mattarella. Il suo sapere non è fatto di tattica o di tecnicismi, proviene piuttosto da un sapere lontano e antico, distillato in decenni di pratica democristiana, fino a divenire etereo e quasi impersonale, libero dall'esperienza elettorale, della quale non sente più il bisogno, ma evidente nella forza fenomenologica che dimostra con evidenza lampante. Come quello di uno Jedi di Star Wars.