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Alcuni (anzi molti) denunciano questa “disparità”: tre cittadini sono accusati di aver maneggiato e fatto girare denaro per fini illeciti, ma due sono agli arresti e uno invece no. Questo è un deputato, mentre quelli sono cittadini “normali”.
E’ il caso dell’onorevole Diego Sozzani, “salvato” dal voto parlamentare contro la richiesta di arresto formulata dalla magistratura, e destinatario dunque di una protezione di cui gli altri due, pure coinvolti nel presunto illecito, non hanno potuto beneficiare.
Ma c’è da domandarsi quale sia il senso di giustizia urtato da una simile “disparità”, e quale soluzione diversa rimetterebbe le cose nel giusto secondo quelli che strepitano davanti alla casta parlamentare che si protegge nel voto segreto (“Gridano all’onestà in campagna elettorale e poi sono sempre uniti nel tutelare se stessi”, ha dichiarato il pentastellato Vito Crimi, salito in gerarchia e vice ministro nel Conte 2). Ma appunto: tutti e tre agli arresti andava meglio? E’ probabile che sia così, e cioè che quel che brucia non siano i due arrestati ma l’altro che “la fa franca”, e che dunque il segno negativo di quella disparità, per chi la denuncia, non risieda nell’arresto dei due ma nella libertà del terzo.
Dice: e vabbè ma è uguale, girala come vuoi ma come fa a esser giusto che uno stia fuori perché è deputato e gli altri due no perché non sono deputati? Domanda comprensibile, ma quel che conta è la risposta.
D’accordo, è una situazione ingiusta: ma come la si rimette in pari? Con un sistema che li arresta tutti e tre o con un altro che non ne arresta nessuno? Qui il merito della vicenda è anche inutile indagarlo, salva l’osservazione magari molto poco giuridica, ma di buon senso, che dopotutto non si tratta di strage e che le esigenze cautelari rinviano comunque a un maneggio di qualche migliaio di euro.
Ma si ripete: lasciamo perdere. Quel che conta è capire ( e purtroppo si è ben capito) da che cosa monti l’indignazione per quel “no” che la maggioranza dei deputati della Repubblica ha opposto alla richiesta di arresto di un loro collega. Davvero ci si indigna perché gli altri due, invece, da cittadini “normali”, subiscono le restrizioni della giustizia?
No. Ci si indigna perché non c’è abbastanza giustizia, ma con una insufficienza intesa in questo modo: che uno dei tre quella giustizia non sta soffrendo.
Mentre è fuori dal mondo anche la sola ipotesi che potrebbe esserci più giustizia se a non soffrirla fossero tutti e tre.
La speranza è che nel dibattito pubblico ci si interroghi sulle ragioni che rendevano ineluttabile l’arresto dei due piuttosto che sui motivi che reclamavano l’esigenza di arresto del parlamentare.
Speranza che non vorremmo ritenere vana.