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Il Sole 24 Ore pubblica nuovi documenti che potrebbero riaprire il caso Shalabayeva, la moglie del dissidente kazako Mukhtar Ablyazov trasferita illegittimamente ad Astana nel 2013 insieme alla figlia di 6 anni Alua. Non è la prima volta in realtà da quando il processo di primo grado si è concluso con la condanna a 5 anni di reclusione per gli alti funzionari di polizia Renato Cortese e Maurizio Improta, accusati di sequestro di persona - che organi di stampa annunciano la scoperta di nuovi dettagli che potrebbero riaprire il caso in Appello.
Era già accaduto qualche mese fa con l’Espresso, che aveva provato a declassare l’oppositore kazako Ablyazov in consumato criminale internazionale, e adesso succede col quotidiano di Confindustria. Il nuovo “colpo di scena” riguarderebbe la natura stessa del regime kazako, trasformato improvvisamente in una democrazia, in barba alle denunce di tortura delle organizzazioni internazionali indipendenti e ai 29 anni di potere ininterrotto del presidente Nursultan Nazarbaev ( dal 1990 al 2019).
A rimescolare le carte in tavola sarebbe, secondo il Sole, un documento ufficiale con cui l’Onu nel 2015 (il caso Shalabayeva risale al 2013) affida al Kazakistan e al Liechtenstein il compito di verificare l’attuazione della convenzione dell’Italia con le Nazioni Unite in materia di anticorruzione. «Non è concepibile», deduce il quotidiano «che un organismo di levatura internazionale assoluta come l’Onu affidi un mandato di verifica delle norme anticorruzione, in un sistema di revisione tra governi, a uno Stato dittatoriale». Dunque, è la tesi sostenuta, la deportazione di Alma Shalabayeva e di sua figlia perderebbe rilevanza. A parte che furono sempre le Nazioni Unite, all’epoca dei fatti, a definire l’espulsione della donna e della bambina una «extraordinary rendition», una cattura clandestina, in altre parole, bisogna capire come la notizia potrebbe influire sul processo. Perché il regime di Astana sarà pure stato la patria del pluralismo e dei diritti, ma nessuno spiega ancora a che titolo i kazaki abbiano chiesto alle autorità italiane ( e nei fatti ottenuto) la consegna di due innocenti. La collaborazione tra i due Paesi avrebbe potuto riguardare al massimo la cattura di Ablyazov, marito e padre delle due espatriate, unico ricercato e accusato di qualcosa in patria.
Non basta essere mogli e figli di presunti criminali per essere incriminati di qualcosa. Né basta essere invitati al tavolo Onu, al cui Consiglio di sicurezza siede in modo permanente la Cina, per dirsi democratici.