PHOTO
Mattarella
Quei 16 voti per il Quirinale arrivati a Sergio Mattarella nel primo scrutinio, diventati 39 al secondo e addirittura 125 al terzo senza essere stato candidato da nessun partito, contro i 114 di Guido Crosetto sventolato come una bandiera dimostrativa dalla destra di Giorgia Meloni, costituiscono un segnale indicativo di qualcosa non confondibile di certo con i giochetti liquidabili con la formula dei “voti dispersi”. L’ipotesi di una conferma del presidente uscente della Repubblica continua quindi ad aleggiare come un fantasma o un sogno, secondo le preferenze, per quanti sforzi abbia fatto e continui a fare l’interessato per sottrarvisi. Come anche l’ipotesi di un’elezione di Mario Draghi, che diversamente da Mattarella però non la scambia per una disgrazia, avendo già avuto modo di apparire pronto a viverla come “un nonno a disposizione delle istituzioni”: immagine che tanti guai e polemiche gli ha procurato, sino a fargli rischiare una specie di squalifica o una condizione di sostanziale ineleggibilità, presuntivamente implicita nella storia dei 70 anni e più della Repubblica. In cui - si è scritto contro Draghi - a nessun presidente del Consiglio sarebbe mai venuta in mente la malsana idea di candidarsi o lasciarsi candidare al Quirinale.
- LEGGI ANCHE: Quirinale, è ancora fumata nera: Crosetto oltre 100