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Questo è un appello rivolto in particolare al Commissario europeo per l’economia, Paolo Gentiloni e al Presidente del Parlamento europeo, David Sassoli, affinché, se ritengono attendibili i dati riportati, tutelino adeguatamente gli interessi dell’Italia e il welfare degli italiani in sede europea.
Si tratta di un passo necessario se si vuole finalmente disegnare uno Stato sociale in Europa, non solo degno della nostra migliore tradizione, ma capace di difendere nuovamente gli ultimi. Veniamo ai fatti. Il Country Report 2020 sul nostro Paese, approvato nei giorni scorsi dalla Commissione europea, boccia ancora una volta la nostra spesa pensionistica, giudicata troppo onerosa rispetto a quella degli altri Paesi del vecchio continente. Si tratta di una bugia che l'Italia dovrebbe smentire perchè, sulla base di questa argomentazione infondata, il rischio è che si voglia preparare il terreno per un nuovo giro di vite sulla previdenza o impedire il definitivo superamento della legge Fornero del quale, l’attuale Governo, sta discutendo con i sindacati.
Il parere della Commissione richiama una impostazione di vecchio stampo, liberista e rigorista, ormai superata dai fatti. Una minestra riscaldata che non vuole trarre insegnamento dagli errori commessi nel recente passato, a partire dalla scarsa considerazione sull’aumento delle diseguaglianze sociali e dalla crudeltà di alcune riforme pensionistiche, come quella voluta dall’Europa e attuata da Monti, che vengono addirittura portate come esempio dagli alti burocrati europei.
Prima bugia: l'incidenza della nostra spesa pensionistica non e' del 15% perche' questa percentuale incorpora le spese per l'assistenza e le tasse pagate dai pensionati sui loro assegni ( 50 miliardi di euro all'anno): lo ha anche ricordato di recente il Presidente dell'Inps Tridico. Se si fanno le opportune correzioni la spesa scende al 12%, in perfetto allineamento con gli altri Paesi europei.
Seconda bugia: non e' vero che la legge Fornero mantiene, da sola, i conti in equilibrio. Secondo un'autorevole fonte, il Documento di Economia e Finanza elaborato dal Governo per il 2016, le riforme che vanno dal 2004 al 2011 ( Maroni, Damiano, Sacconi e Fornero), cumulativamente determinano una minore incidenza della spesa pensionistica in rapporto al PIL pari a “circa 60 punti percentuali fino al 2050”. Tradotto, circa 900 miliardi di euro di risparmio in 46 anni. Se poi si vuole entrare piu' nel dettaglio, nello stesso documento del Ministero dell’Economia e delle Finanze e' scritto che tale minore incidenza “è da ascrivere, per circa 1/ 3 alla riforma introdotta con la legge n. 214/ 2011 ( Fornero) e, per circa 2/ 3, ai precedenti interventi” ( Maroni, Damiano, Sacconi). Questi dati, a loro volta, sono stati ricavati dal Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica della Corte dei Conti del 2016.
E' giusto che il Governo faccia chiarezza in sede europea a fronte di un giudizio superficiale e ingiustificato che attacca la sostenibilità del nostro sistema pensionistico. Continuare a far cassa sul Welfare è una impostazione che appartiene al passato e che, purtroppo, ha fatto morti e feriti. Spetta al PD, se vuole essere un partito autenticamente di sinistra con una chiara identità di riformismo radicale, farsi carico di questi problemi che hanno a che vedere con il benessere dei cittadini e, quindi, con un sano principio di uguaglianza sociale.