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Brava, Belluno, prima nella classifica di qualità della vita redatta da Il sole 24 ore. Ma in quale angolo del Nord si trova Belluno? No, non è snobismo né sarcasmo. È semplice ignoranza mia, compatite. La cerco su Google. È nell’alto Veneto. Sul Piave, che certo oggi mormora compiaciuto. Un colpo d’occhio notevole, il panorama, con le Dolomiti innevate a ridosso. Però mi porta brividi di freddo, da invogliarmi al cappotto in questa bella giornata con un rigurgito di tarda estate.
E noi di Reggio? Scorro, scorro, scorro. E dov’è finita Reggio? Eccola, finalmente. Terzultima, modestia a parte. Volete mettere? Terzultima non è lo stesso che ultima o penultima. Gli facciamo un mazzo tanto a Caserta e a Taranto, mi dico mentre chiudo a cerchio pollici e indici e li allargo in fuori. Beh, noi meridionali usiamo così, le parole e i pensieri ci vengono meglio se li soccorriamo con i gesti. Da Reggio risalgo in su. Mi si smuove dolorosa la cervicale nello scorrere la classifica fino a Belluno. Alle alte quote, tutte città del Nord. Milano ottava, dopo essere stata seconda nella precedente competizione. Qui, torco il muso. Ottava, Milano? Dove l’umidità infracidisce le ossa, dove si respira nebbia, e monossido di carbonio e particelle microscopiche che s’infilano nei polmoni provocando tumori e malattie respiratorie, dove sono più i giorni che sembra di camminare per le vie di Pechino, la Pechino del carnevale della morte, tutti in giro con le mascherine per spuntare giorni in più al loro Dio?
Guardo fuori. Al solito, giornata chiara e luminosa, con l’occhio che riesce a spaziare lontano. C’è il sole. E il cielo azzurro, il mare che ne assume le tinte. All’ultimo orizzonte acquoso, Stromboli tira una boccata di fumo, più a Sud le sue sorelle intralciano di terra le acque, l’imboccatura dello Stretto confonde il continente con la Sicilia che s’allarga scodinzolando in due direzioni, più a Sud ancora l’Etna tradisce, perché in cima è imbiancato come la foto di Belluno che oggi ci porgono i quotidiani. Meglio restare in maglione, la temperatura è gradevole. Sì, manco la giacca. Il cappotto, no di sicuro. Al più, l’impermeabile, ma per fare scena e presenza. Bastano però il clima e la natura benevola per compensare classifiche di civiltà che ci vedono buon ultime? No. Decisamente no. Poi, non ne abbiamo merito. Ce li ha regalati il Padreterno. E noi ci abbiamo messo tanto di nostro per guastarli. Sì, però… Però mi spunta l’idea che ci sia una stretta correlazione tra la latitudine e un’efficienza in grado di determinare migliori qualità della vita, che il clima sia inversamente proporzionale agli indici che spingono in alto il Nord e giù giù il Sud, quasi una questione di fisica. Magari la mia è solo una forzatura per assolvere, con nulla di attendibile. Poi mi sovviene L’Aquila. Per la durezza del clima è seconda in Italia solo a Belluno, si sverna come dentro una ghiacciaia. E, benché città del Sud, è piazzata abbastanza su nella graduatoria, al 63° posto, precede parecchie città del Nord e moltissime del Centro. Sembrerebbe avallare la mia ipotesi, che, peraltro, è in armonia con tutti i Sud del mondo, sempre ad arrancare i passi, non si trova un Sud dove gli indici del buon vivere esaminati siano migliori che al Nord, tranne nelle due Coree, ma lì è colpa della testa malata dei dittatori che si sono succeduti in quella del Nord.
Insomma, il Padreterno avrebbe inteso pareggiare i conti, ha dato e ha tolto. Loro li ha voluti perfettini, efficienti, frettolosi, composti, ossequiosi delle regole, e freddi da frigorifero, carattere compreso. Noi invece allegri e chiassosi, esuberanti ed esagerati, goderecci, chiacchieroni, disordinati, lagnosi, vantalori dei fasti di un passato che non c’è più, e che, comunque, non può soccorrere il presente, e marchiati da tanti difetti che abbattono gli standard di civiltà. Che possiamo farci? Siamo più in basso, meno civili? Se sì, pazienza. Intanto, quaggiù ci rimaniamo, senza nessuna intenzione di un inverno là, ma proprio nessuna nessuna. Viva l’inciviltà, se la si misura con i canoni de Il sole 24 ore.
Poi, il nordico Piemonte ci ha voluti nazione – Italia lo eravamo già, essa era qui dove il continente si consegna al mare nostrum. Ci avessero lasciati nel Regno delle Due Sicilie, non incideremmo nelle loro classifiche, non entreremmo a guastarle. Oh, non sono filo borbonico, evviva l’Italia. Dico solo che noi questi siamo, che ci hanno voluti, ci hanno presi con la forza e adesso ci devono usare il garbo di tenerci con tutte le scorze, le bucce, la rogna e quant’altro. E ci hanno voluti eccome. Persino i Bellunesi. Ne scovo otto tra i Mille scesi alla conquista. To’, guarda caso, l’otto per mille, devoluto non alla chiesa ma al Sud che non lo aveva chiesto.
Torno serio. E ribatto a Il Sole che è una classifica da nordista, stilata sui canoni che più hanno peso e sostanza per uno di su. Chiaro che vincono le giacche blu se per il confronto vengono adottati i loro standard e i loro modelli e li si spaccia per dati inconfutabili su cui misurare il resto della nazione e la febbre del Sud. E infatti si limita ad analizzare la ricchezza e i consumi, il lavoro e l’innovazione, l’ambiente e i servizi, la demografia e la società, la giustizia e la sicurezza, la cultura e il tempo libero. Il risultato sarebbe ben diverso se avessero pesato altri parametri importanti – forse più incidenti a costruire un benessere interiore che a sua volta si traduce in qualità di vita – di quelli che è complicato trasformare in numeri, perché attengono l’anima, il cuore, la fantasia, i valori umani, i rapporti tra le persone, e se a essi avessero abbinato le condizioni esterne, anche climatiche, di paesaggio, di inquinamento. Non si può insomma stilare un rendiconto dei buoni e dei cattivi utilizzando criteri di parte improntati sulla rigida matematica. E non si può ignorare che, più a Nord si sale, più cresce il disagio dello spirito – ne sono esempio i paesi scandinavi, i più civili e nello stesso tempo quelli con la maggiore incidenza di suicidi.
Boccio, quindi, la classifica de Il sole 24 ore. Fa emergere un quadro incompleto, falsato. Non s’accorge che la vita è anche altro. E, nel complimentarmi con gli amici bellunesi, puntualizzo: con tutto il rispetto, non me ne vogliate se ho certezza che non cambierei i miei giorni qui con quelli vostri lì.