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Caiazza giustizia
Guardate un po' cosa succede, in questo nostro sfortunato Paese, se un Ministro di Giustizia si azzarda a compitare alcune basiche proposte di matrice schiettamente liberale. Un putiferio. Una chiamata subitanea alle armi ed ai forconi. Evocazioni addolorate della Costituzione violata e bestemmiata. E soprattutto, quella allarmata ed accorata accusa: è stata dichiarata guerra alla magistratura! La quale ultima accusa è la più esemplare dimostrazione di come, in Italia, i parametri di giudizio riguardo alla politica giudiziaria vengano ormai, da un buon trentennio in particolare, letteralmente sovvertiti. Partiamo proprio da qui, se avrete pazienza di seguirmi. Carlo Nordio è innanzitutto un parlamentare della Repubblica, da subito indicato agli elettori come futuro Ministro Guardasigilli, in forza esattamente di quelle idee liberali sulla giustizia penale che egli professa, con la parola e con gli scritti, da lunga pezza. Lui viene eletto, e lo schieramento politico che lo candidava a regista della politica giudiziaria del Paese stravince le elezioni e dunque governa il Paese. Non mi sfuggono, sia chiaro, ambiguità e misteriose contraddizioni alla base di quella designazione. Nordio siede, infatti, su un ossimoro esplosivo, che prima o poi detonerà: siamo garantisti sul processo - ama dire la Presidente Meloni, che pure è una donna intelligente - e giustizialisti sulla esecuzione della pena. Questa sì, una bestemmia, e staremo a vedere come il nostro Carlo se la sbroglierà. Ma è la democrazia, bellezza. Si chiama volontà popolare. Non è che l’on. Nordio, inebriato dalla prestigiosa nomina, ha cominciato a sproloquiare idee bizzarre e sconosciute. Ripete quelle per realizzare le quali è stato eletto dalla maggioranza degli elettori. Quindi, la prima domanda, molto semplice, è questa: chi sta dichiarando guerra a chi? Non certo l’on. Nordio. È la Magistratura, sono alcuni giornali, è la opposizione parlamentare ad aver dichiarato guerra a Nordio. Lui, con quelle sue idee, è passato al vaglio democratico del voto popolare, e quel vaglio non solo lo facoltizza, ma anzi gli impone di attuarle. A tutti costoro non piacciono le idee liberali sulla giustizia penale. Le patiscono come l’acqua i gatti. Sono estranei e naturalmente ostili ad esse, educati come sono da sempre a considerarle, nella più generosa delle ipotesi, boutade salottiere, e pigramente abituati a Ministri di Giustizia di tradizioni culturali opposte o comunque lontanissime da esse.Cosa ha detto di eversivo il nostro scandaloso Ministro? Per esempio che vuole un ordinamento giudiziario a carriere separate tra PM e Giudici. Si tratta, giusto perché non lo si dimentichi, del sistema ordinamentale più diffuso – nelle sue varie, possibili articolazioni- nelle principali democrazie del nostro pianeta. Siamo noi, insieme a Bulgaria, Romania e Turchia, giusto per capirci, ad essere l’eccezione. E la Francia, dove però i P.M. sono sotto il controllo dell’esecutivo. Non mi risulta che negli Stati Uniti, in Inghilterra, in Portogallo, in Germania, in Canada, e così via discorrendo, i criminali governino quei Paesi e le persone per bene, terrorizzate, vivano chiuse nelle loro case. Siamo noi in ritardo con la Costituzione, dopo la riforma dell’articolo 111 della Carta, che pretende parità tra accusa e difesa e terzietà del giudice. La magistratura pretende che quella terzietà sia affidata alla virtù del giudice (“cultura della giurisdizione”, viene chiamata nei dibattiti); noi liberali, se non disturba troppo, pensiamo non basti. E con noi, come tutti sanno, la stragrande maggioranza della pubblica opinione. E che dire delle patologie legate all’uso ed al governo incontrollato delle intercettazioni telefoniche? Nordio non ha dettagliato la natura degli interventi che ha in mente, aspettiamo almeno che ce ne possa parlare, senza per questo dover essere accusato di “favorire le mafie” (Cafiero de Raho). E l’obbligatorietà dell’azione penale? Non esiste più, se mai è esistita, tant’è che le leggi prevedono esplicite deroghe. Sapete quale è la vera partita? vogliono che le deroghe (si chiamano “priorità”) continuino ad essere insindacabilmente riservate ai Procuratori della Repubblica. Dunque una scelta politica (tale è una scelta di “priorità” dell’azione penale) affidata ad un qualificato burocrate, che però non ne risponde a nessuno. Per carità, sono idee come altre, ognuno difenda le proprie. Ma piantiamola con questa invereconda buffonata della “dichiarazione di guerra alla magistratura”. Ammoniamo piuttosto la Magistratura a restare nel suo proprio ruolo, e a non dichiarare guerra ad un Ministro democraticamente legittimato a proporre e realizzare quel programma di riforme. Torniamo ad una Politica che abbia l’orgoglio della propria funzione: attuare la volontà dei cittadini come democraticamente espressa nelle cabine elettorali. Siano gli altri a non dichiarare guerra alle regole democratiche.