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«Se l’Europa sopravvive alle prossime elezioni, sarà un miracolo». Massimo Cacciari, filosofo e tra i principali teorici in materia europea, analizza l’attuale braccio di ferro tra governo e Unione europea, ma senza illusioni: «Sarà l’ennesimo fuoco di paglia senza conseguenze».
Eppure il presidente Juncker ha usato toni che mai si erano sentiti, per commentare il Def italiano.
Guardi, i toni sono un lusso formale che non ha più alcun interesse in una situazione tragica come questa. La situazione è chiara: il governo italiano non poteva che tentare di mantenere le promesse elettorali, almeno formalmente, pur sapendo che la manovra si sarebbe scontrata col parere delle autorità europee. In Europa se lo aspettavano ma nessuno muoverà un dito oltre a queste parole di biasimo.
Non ci sarà alcun tipo di conseguenza, nonostante gli sforamenti dei parametri?
Certo che le conseguenze ci saranno, ma le decideranno i mercati. Il governo continuerà per la sua strada, ma l’Europa non prenderà alcun tipo di provvedimento. Non lo avrebbe preso nemmeno se la manovra avesse previsto un 4% di disavanzo sul Pil: ci sono già troppe grane sul tavolo di Bruxelles e la scelta europea è quella che l’Italia si arrangi, lungo la strada che ha scelto.
Presentata in questi termini, sembra una vittoria dei sovranisti che rivendicano appunto il diritto di scegliere in autonomia la propria ricetta economica.
Non è questione di vittorie e, anche se questa lo fosse, sarebbe una vittoria di Pirro. Quando l’Europa sarà esplosa e tornerà divisa in staterelli senza più paracaduti economici, l’Italia sarà inevitabilmente tra i paesi messi peggio e se la dovrà cavare con le sue forze. Come farà, mi sfugge. Lo sapranno Salvini, Di Maio e tutti quelli che li hanno eletti.
Lei sta tracciando la via per il dissolvimento dell’Unione, davvero siamo a questo punto?
Nulla è segnato: per evitarlo servirebbe che la leadership europea sopravvissuta desse un potente segno di vita, ma è difficile che lo faccia un moribondo.
Che cosa si dovrebbe fare, di qui alle europee, per salvare l’Ue?
Dovrebbe formarsi una leader- ship decente, che abbia una visione di come riformare le istituzioni europee e faccia seria autocritica sugli errori commessi e sul modo nefasto con cui è stata affrontata la crisi del 2008 e le sue conseguenze. Forse, così si potrebbe ancora salvare il salvabile. Altrimenti la deriva è quella segnata, sulla via indicata dai Salvini o dai Di Maio.
L’Italia, però, sembra fidarsi di questo governo.
Succede spesso che si tagli il ramo su cui si è seduti. Tra Salvini e Di Maio, però, le dico che forse a questo punto c’è da fidarsi di più del leghista. Almeno lui è una chiara forza di destra con una sua linea e fisionomia, i 5 Stelle sono solo incompetenti allo sbaraglio.
In ottica europeista, invece, lei crede nella possibilità della vagheggiata lista che vada da Tsipras a Macron?
Una lista del genere è impossibile. Si tratta, piuttosto, di vedere se le varie componenti europeiste si presenteranno con un minimo comune denominatore, anche se ognuna con le sue caratterizzazioni nazionali. Immagino una tripartizione di liste collegate: una liberale alla Macron, una più di sinistra e un’area democratica tradizionale. Ecco, se nei prossimi mesi si formasse una volontà politica del genere, con l’impegno di svolgere una politica comune europea su linee diverse dal passato, allora forse una chance ci sarebbe. Al momento, però, si può essere solo profondamente pessimisti.
In Italia, il capofila di questo progetto dovrebbe essere il Partito democratico. Vede qualche spiraglio?
Per il momento è lo scenario è tragicomico. Vedremo se Martina, a un certo punto, deciderà di dare la sveglia e richiamare tutti a un minimo senso di responsabilità: per ora io vedo solo candidati, ad esclusione di Nicola Zingaretti, che non hanno il minimo consenso popolare. Se dovessi azzardare una previsione per le europee, però, direi che il Pd scenderà sotto il 15%.
Nemmeno i più foschi pronostici parlano di un tracollo del genere.
Quando ci si trova in una situazione di relativo equilibrio politico, è difficile prevedere l’andamento della situazione. Nello scenario attuale, in cui tutto per la sinistra sta precipitando, è invece facile trarre le conclusioni: se il Pd continua ad assecondare la sua attuale deriva, basta un’equazione matematica per calcolare il tempo che ci metterà ad arrivare fino in fondo al baratro.
Il congresso non darà risposte?
Le primarie sono l’esatta negazione della risposta. Peggio, sono il sasso che rotola giù come una valanga. L’unica risposta possibile sarebbe stata un vero congresso, in cui chiamare a raccolta persone interessate a discutere e a partecipare, non un popolo che nessuno sa chi sia, mobilitato non si sa da chi, che una bella mattina va a votare a vanvera. Occorreva un congresso di quelli di una volta, in cui eleggere un segretario. Ma ormai non è più nemmeno questione di questo: in questi mesi prima delle europee ci stiamo giocando l’Europa. E se sopravvive sarà già una specie di miracolo.