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Un risultato scontato, quello in Abruzzo, che dà poche indicazioni a livello nazionale ma certifica le nature opposte del Movimento 5 Stelle e del centrosinistra. Massimo Cacciari, filosofo e attento osservatore delle dinamiche politiche, abbassa i toni sulla portata di queste regionali, ma avverte: «Le europee saranno il vero banco: se la Lega superasse il 30% allora il governo potrebbe saltare». Per il Pd, invece, «sarà un referendum sulla sua sopravvivenza». Il primo dato che viene dall’Abruzzo è il dimezzamento dei consensi dei 5 Stelle. Ma era scontato, non c’è nessuna sorpresa: si sa che le elezioni amministrative non sono il loro terreno. Al contrario, penso si possa parlare di un risultato tutto sommato buono, perchè hanno tenuto rispetto alle precedenti regionali. Insomma il quasi 40% delle politiche non bisogna guardarlo? Ma certo che no, alle elezioni amministrative pesano la conoscenza del territorio, la conoscenza dei candidati e la concretezza dei problemi da affrontare. Un terreno, questo, ancora proibitivo per i 5 Stelle. Loro funzionano sul piano dell’agitazione nazionale, trovano la loro forza nella protesta, intesa nella sua dimensione sociale più general generica. Non sono in grado di affrontare questioni di tipo territoriale e specifiche. Ma questa è storia già vista. Legnini e il centrosinistra, dati per terzi, hanno invece portato a casa un risultato più che dignitoso con il 31%. Ci sarebbe mancato anche che prendessero di meno. Per il Pd e il centrosinistra vale il ragionamento opposto: la forza a livello territoriale era una caratteristica specifica del vecchio centrosinistra, quindi anche qui non vedo nessuna novità. Il centrosinistra ha presentato molte liste unite, in una regione in cui ha governato e dunque dove ha un minimo di rapporti di potere consolidati. Prendere il 31% era scontato. C’è qualcosa di non scontato, allora? Tutto sommato, forse quello che si aspettava un risultato migliore ed è rimasto deluso è Matteo Salvini. Invece Forza Italia e Fratelli d’Italia, anche forse per il traino del candidato, hanno tenuto. La prima dichiarazione di Salvini è stata quella di rassicurare i 5 Stelle che nulla cambierà a livello di governo. Per forza. Se avesse preso più del 40%, allora forse si avrebbe potuto venigli la smania di cambiare qualcosa, ma con un risultato del genere è evidente che non poteva cambiare nulla e che non abbia interesse a rinfocolare la polemica coi 5 Stelle. Anche se, a guardar bene, non sarebbe cambiato nulla comunque: non è certo sull’Abruzzo che si giocano le sorti del governo. È però un’avvisaglia che i 5 Stelle, a livello di governo, dovrebbero cambiare strategia? Guardi, io se fossi un grillino starei tranquillissimo, perchè fino alle elezioni europee non cambierà nulla di sicuro.E dopo sì?Sì, ma non per iniziativa dei 5 Stelle, i quali saranno gli ultimi a voler uscire da questo governo. Del resto, come fanno? Potrebbero uscirne solo se denunciassero il fallimento di quanto avevano promesso. Dovrebbero dire: “Cari elettori, non siamo riusciti a ottenere nulla di ciò che abbiamo scritto nel contratto di governo e quindi usciamo”. Così, però, non denuncerebbero solo il loro fallimento, ma pure la menzogna di tutto ciò che hanno mangnificato di aver fatto in questi mesi. E allora sarà Salvini a voler staccare la spina? Se la Lega alle Europee dovesse superare il 30% e l’insieme di centrodestra arrivasse intorno al 45%, allora Salvini si troverebbe quasi costretto a farlo. Come farebbe a spiegare che non vuole fare il governo col centrodestra? A breve tocca alle regionali in Sardegna, con i 5 Stelle sempre indietro nei sondaggi. Nemmeno una fila di sconfitte sui territori può influenzare negativamente il voto politico in loro favore? Il calcolo è certo: i 5 Stelle a livello di elezioni regionali dimezzeranno ovunque i voti presi alle politiche. Nulla di nuovo. Il fatto è che, per modificare questo trend, i grillini possono fare una cosa sola: cambiare completamente natura, ma allora sì che rischiano di scomparire. Mi spieghi meglio. La loro natura, oggi, è quella di un movimento di carattere generico e privo di qualsiasi radicamento territoriale. Per essere radicati, invece, bisogna tirare fuori classe dirigente e amministratori capaci. In una parola, lavorare in un modo opposto a quello dei 5 Stelle, dalla base sul web al metodo di reclutamento dei candidati. Insomma, per sostenere un confronto su un livello territorialmente definito, dovrebbero cambiare natura e non penso lo faranno. Quindi, continueranno a prendere tanti voti sul piano nazionale, pochi o pochissimi a livello amministrativo e probabilmente pochi anche alle europee. Sul fronte del centrosinistra, che in Abruzzo si è presentato unito con una compagine larga, si può trarre qualche indicazione? Nessuna, perchè il livello regionale non c’entra nulla con quello nazionale. Il Pd nazionale deve tirar fuori una linea politica precisa, dire con nettezza che è un nuovo partito, organizzarsi. Le fortune della sinistra, all’opposto del Movimento 5 Stelle, stanno nella forza organizzativa e territorialmente radicata. Il Pd deve dare inizio a una fase completamente nuova e questo devono dirlo con forza Nicola Zingaretti e Maurizio Martina insieme. Pensare, però, che l’Aburzzo dia qualche indicazione è ridicolo. Le europee, invece, un’indicazione la daranno? Le europee possono essere molto indicative: potrebbero creare sconquassi nell’assetto di governo e possono dare indicazioni importanti anche al Pd. I democratici ci arriveranno con un nuovo segretario e un nuovo gruppo dirigente, dunque un embrione di linea verrà giudicata dagli elettori. Qui si apre il bivio. Tra la risalita e la fine? Il crinale è sottile: se il Pd dovesse subire una ulteriore batosta e andare sotto il 15%, si allora si porrebbe davvero il problema di pura e semplice sopravvivenza della sinistra in Italia.