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Enza Bruno Bossio, ex parlamentare del Pd
All’indomani della notizia della nomina di una commissione di accesso per valutare l’ipotesi di scioglimento del consiglio comunale di Bari, parliamo con Enza Bruno Bossio, attuale membro della direzione nazionale del Partito democratico, che si è occupata in maniera approfondita della materia riguardante lo scioglimento dei Comuni.
Qual era la sua proposta in merito?
Già nella XVII legislatura depositai un ddl che accoglieva il grido di dolore delle comunità calabresi, soprattutto della provincia di Reggio Calabria, che attraverso un banale atto amministrativo, perché tale è l'applicazione dell'art. 143 del TUEL, subivano una criminalizzazione spesso legata più a pregiudizi che ad atti effettivi di infiltrazione mafiosa.
Cosa accadde in Parlamento?
Nella XVII legislatura nulla. Ripresentai la proposta nella XVIII e successivamente lo fecero anche Dalila Nesci del M5S e Iole Santelli di FI. Nonostante la sostanziale indifferenza del Governo e delle forze politiche, si arrivò a maggio 2022 all’approvazione di un testo unificato di modifica molto innovativo che fu approvato in Commissione Affari Costituzionali. Il testo, in particolare, conteneva quello che da anni propongono i rappresentanti degli enti locali: la possibilità per gli amministratori di poter esprimere un contraddittorio con la Commissione d’accesso, poiché, oggi, con la legge attuale, i sindaci non hanno cognizione delle accuse mosse, né tanto meno la possibilità di poterle contestare prima della decisione del prefetto e del ministro. Non meno importante è la modifica introdotta in quel testo base, per cui, ove fosse accertato che l'inquinamento mafioso è da far risalire al rapporto con la burocrazia comunale, non sarebbe da sciogliere il Consiglio comunale ma commissariare la funzione burocratica inquinata. Questi i punti del testo base che purtroppo il parlamento, sciolto anticipatamente, non ha approvato e che in questa legislatura, il governo Meloni e questa maggioranza, poco garante dei diritti dei cittadini, non hanno nemmeno preso in considerazione.
Qual è stata la posizione del Pd e delle altre forze politiche negli anni?
Il Pd ufficialmente non ha mai espresso una posizione. Ma con Bindi presidente della commissione Antimafia, Minniti ministro dell'Interno e fino al 2015 Delrio presidente Anci, si è manifestata una linea giustizialista, proseguita con Morra. Ha funzionato così a prescindere dal colore politico del governo di turno. Alcuni esempi per tutti: Cassano allo Ionio sciolto nel novembre 2017 dal ministro Minniti, Amantea sciolto nel febbraio 2020, dal ministro Bonafede e da ultimo Rende, sciolto ad agosto 2023, dal ministro Piantedosi.
La vicenda di Cassano la più emblematica: tutte le sentenze civili e penali successive allo scioglimento hanno confermato la totale estraneità del sindaco rieletto nel 2019 sindaco per la terza volta. Amantea: tre governi diversi, tre maggioranze diverse, tre ministri diversi ma tutti uniti dalla pervicace incapacità di capire come fossero andati effettivamente i fatti, spesso strumentalizzati politicamente, anche al fine di distruggere l’avversario politico. Da ultimo Rende: sciolto per mafia un anno fa, nonostante la corposa documentazione presentata dal sindaco prima dello scioglimento, che dimostrava estraneità nei fatti. Oggi arriva la notizia del provvedimento assunto dal tribunale di Cosenza che, rispetto alle azioni addebitate all’ex sindaco di Rende, va a decretare la sua candidabilità poiché le sue condotte non hanno concorso allo scioglimento dell’Ente da lui amministrato!
Che bilancio fare?
Finora, negli anni abbiamo registrato più casi di Comuni sciolti che non avevano alcuna contiguità, anzi erano stati in trincea nel contrasto agli interventi mafiosi. Clamoroso è il caso del Comune di Gioiosa Ionica, che dopo cinque anni di carcere per il sindaco Femia, arriva la piena assoluzione e nella sentenza, non appellata, i magistrati giudicanti valorizzano attività del Comune finalizzate a contrastare il fenomeno mafioso e del tutto confliggenti con gli interessi del gruppo criminale.
Il presidente Anci e sindaco di Bari Decaro ha detto in merito a quanto accaduto: «Un atto di guerra alla città e alla democrazia alla vigilia del voto». È d'accordo?
Completamente. La situazione paradossale del Comune di Bari è che il Comune, a maggioranza di centrosinistra, subisce l’onta della commissione d’accesso, a causa di condotte di una consigliera di centrodestra, estranee quindi all’operato dell’esecutivo. Ancora più assurda la macroscopica contraddizione che la Commissione d'accesso viene nominata in un Comune il cui sindaco è sotto scorta da nove anni per essersi esposto ed impegnato in un'efficace azione antimafia. Senza dire che Olivieri, marito della consigliera di centrodestra e tra i principali indagati, è stato allontanato dal sindaco Decaro, come presidente della Multiservizi, molto tempo prima che arrivasse l'iniziativa della procura. E l'atto ancora più grave, a tre mesi dalle elezioni, è quello del vice ministro, on. Sisto, che ho sempre conosciuto come convinto garantista, che oggi diventa un personaggio che invoca gli strumenti che ha sempre contestato, solo per demolire un avversario politico. Non capendo che il danno non viene fatto al sindaco, ma all’intera città di Bari che, oggi, grazie all’amministrazione Decaro, è divenuta un gioiello italiano.
La posizione di Decaro è stata sempre la stessa?
Certo. L' Anci nazionale, sotto la guida del presidente Decaro, nelle audizioni in commissione Affari costituzionali, ha contribuito in maniera determinante a modificare nella direzione richiesta dai sindaci il testo della legge sullo scioglimento. Giustamente Decaro denuncia, come avevano già fatto altri sindaci, la impossibilità di essere ascoltati. Se fosse passato il testo unificato del 2022, oggi la situazione sarebbe diversa, e chi voleva strumentalizzare avrebbe trovato una barriera democratica.
Cosa ne pensa del comunicato arrivato nella tarda serata di due giorni fa dal ministero dell’Interno?
Il comunicato viene presentato, in maniera speciosa, come un atto conseguente l’indagine giudiziaria, relativa a personaggi ad oggi estranei all’amministrazione comunale e in particolare alla maggioranza che governa il Comune di Bari. In verità non c’è nessun automatismo tra i due atti, in quanto, come già ampiamente dimostrato, la nomina della commissione d’accesso è un atto amministrativo, che non interferisce in nessun modo con l’indagine penale. Questo rende ancora più esplicito il maldestro tentativo di strumentalizzazione politica a tre mesi dalle elezioni comunali.