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«Quello sulla Pubblica Amministrazione è un accordo fatto in fretta e furia per evidenti ragioni legate al referendum, e alla voglia matta del premier mai eletto di rosicchiare consenso». Parla con Il Dubbio Renato Brunetta, presidente dei deputati di Forza Italia. Da ex ministro della Pa boccia l'intesa su tutta la linea e rivendica che lui al contrario la Pa l'ha «girata come un calzino». Quanto alla leader della Cgil anche lei per il No, ma soddisfatta dell'accordo, e i possibili effetti sul referendum replica: «Sono stracerto che i dipendenti pubblici non si faranno fregare dai coriandoli di Renzi e della Madia. Io e la Camusso siamo dalla stessa parte a difesa della nostra Costituzione, ma per il resto ognuno per la sua strada».Presidente Brunetta, dopo l'accordo governo-sindacati per il rinnovo dei contratti nella Pubblica Amministrazione, Renzi esulta, il ministro Madia dice che così si tutelano i più deboli e Camusso afferma che così ci si libera della legge Brunetta. Insomma, il problema degli statali era il professor Brunetta?Demagogia a buon mercato, se mi permette, da parte di Renzi e della Madia; un po' di ingenuità da parte della Camusso e degli altri leader sindacali. Intanto chiariamo una cosa: non stiamo parlando di un contratto, ma di un accordo quadro. I nuovi contratti arriveranno, se arriveranno, nei prossimi mesi. Un accordo quadro, dicevo, fatto in fretta e furia per evidenti ragioni legate al referendum, e alla voglia matta del premier mai eletto di rosicchiare consenso. Per il resto, le cifre che vengono indicate sono risibili, i soldi non ci sono, lo sanno tutti. Attualmente sono disponibili, sommando la legge di stabilità 2016 e la legge di bilancio 2017, circa 1,4 miliardi, che consentirebbero aumenti pari a circa 40 euro lordi, meno di 30 euro netti mensili. Altro che gli 85 euro propagandati dal premier e dalla Madia. A proposito, perché nell'accordo non c'è la firma di Padoan? Siamo ai soliti annunci, alle solite prese in giro alle quali ci ha abituato questo governo di dilettanti allo sbaraglio.I renziani, come il deputato Carbone, la attaccano dicendo che lei gli statali, invece, li aveva insultati. Come replica?Quando rivoltavo come un calzino la Pa italiana Ernesto Carbone non era stato ancora neanche assoldato da Renzi per occuparsi del palco della Leopolda. Meglio che si occupi di altro. Parlando di cose serie, la riforma Brunetta e i provvedimenti a essa collegati hanno prodotto: una riduzione, dal 2008 al 2011, del numero di dipendenti pubblici di 153.815 unità e della spesa per stipendi di 4,2 miliardi di euro; l'avvio dei processi di informatizzazione della Pa, con l'approvazione del Codice dell'Amministrazione Digitale, e l'avvio dell'iter di semplificazione e decertificazione delle pratiche burocratiche; tutte le basi normative per la mobilità dei dipendenti pubblici, il taglio delle auto blu e il tetto agli stipendi dei manager pubblici; il progressivo miglioramento dell'organizzazione del lavoro pubblico e della qualità delle prestazioni erogate. Una riforma, la mia, senza eguali nella storia repubblicana del nostro Paese, come certificato tanto dalla Commissione Ue (tra gli altri, nel 'Rapporto Rehn' sull'Italia di novembre 2011) e dall'Ocse nel Rapporto 'Government at a Glance 2011'. Renzi e Madia dovrebbero prendere appunti e imparare tutto a memoria".Definendo "fuffa" l'accordo fatto, lei, da ex ministro della Pa del governo Berlusconi, che molte e anche contrastate innovazioni fece, fa una critica di fondo: così si torna indietro di dieci anni. Perché?Perché è proprio così. La parte normativa fa tornare indietro la lancetta di dieci anni. Si contratterà su tutto, valutazione, incentivi, pseudo premi che saranno dati a pioggia. Una cosa è la concertazione, che non giudico in maniera negativa, altro è il mercato del pesce e l'assalto alla diligenza. La perla è comunque l'incentivo dato alla presenza, baluardo della contrattazione degli anni '80: ti pago solo perché sei presente. Questa è la sedicente riforma della Pa del premier Renzi, far finta di bastonare i furbetti del cartellino con una legge incostituzionale, e calare le brache con i sindacati. Altro che meritocrazia, il sei politico per tutti.Ci saranno ora altri contenziosi tra Stato e Regioni, dopo la bocciatura della Consulta di parti della riforma Madia, in seguito al ricorso del governatore veneto Luca Zaia?E' noto come la delega Madia faccia acqua da tutte le parti. Già nel corso dell'esame parlamentare, attraverso la presentazione di una specifica pregiudiziale di costituzionalità, avevamo denunciato la genericità e indeterminatezza di alcune deleghe, che prefiguravano una vera e propria violazione dell'art. 76 della Costituzione, in merito alla determinazione di principi e criteri direttivi puntuali, nonché di oggetti ben definiti. Il testo approvato è invece una vera e propria delega in bianco al governo, su un tema assai sensibile come quello della riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche e del loro rapporto con i cittadini. Non escludo ulteriori ricorsi, e conseguenze ancora più disastrose per questo sciagurato provvedimento.Renzi e Madia dicono che proprio quello stop della Consulta conferma che con la riforma costituzionale le cose andranno più veloci e non ci saranno più blocchi e veti di sorta. E' così?I sostenitori della schiforma parlano così perché hanno in mente di utilizzare la cosiddetta 'clausola di supremazia', che mortifica le autonomie e centralizza il potere, come un modo per far andare le cose in maniera più 'fluida' e senza blocchi. Tutto in nome di una presunta velocità che non ha nulla a che vedere con la democrazia, e che si pone in netta contraddizione con un sistema bilanciato che ha fatto del principio autonomistico, sancito dall'art. 5 della Costituzione, un vero e proprio baluardo. Sul fronte dei conflitti di competenze, questa riforma non diminuisce l'attuale pesante contenzioso fra Stato e Regioni, anche perché la tecnica elencativa di ciò che spetta allo Stato o alle Regioni, appare imprecisa e incompleta. Non è vero poi che la competenza concorrente è eliminata: in molte materie di competenza regionale (quali governo del territorio, tutela della salute, sicurezza degli alimenti, attività culturali, turismo, istruzione, tutela e sicurezza del lavoro), la previsione di disposizioni 'generali e comuni' da parte dello Stato genera comunque una concorrenza tra norme statali e leggi regionali, determinando potenziali contenziosi: il caos.Siamo alle battute finali della campagna referendaria, lei è stato fin dall'inizio, nel centrodestra, il più strenuo difensore del No. In questa battaglia si trova insieme a Camusso. Che però sull'accordo della Pa ora Renzi ha di fatto diviso da lei. Pensa che questo inciderà sull'esito referendario? E in che modo potrà pesare il Sì critico di Romano Prodi?Sono stracerto che i dipendenti pubblici non si faranno fregare dai coriandoli di Renzi e della Madia, e anche loro diranno a stragrande maggioranza No a questa schiforma. Io e la Camusso siamo dalla stessa parte in difesa della nostra Costituzione e lotteremo insieme per questo, ma per il resto ognuno per la sua strada. Il Sì di Prodi? I cittadini italiani, quelli di centrodestra in particolare, ricordano bene l'ultimo governo guidato dal professore. Più che di endorsement io parlerei di un ennesimo bacio della morte per Renzi. Un boomerang per il premier mai eletto che finirà per favorire il fronte del No. Tutti a votare domenica 4 dicembre, tutti a dire un grande No alla schiforma Renzi-Boschi. Ancora poche ore e festeggeremo una nuova festa della liberazione.