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Alla vigilia dell’approdo sul tavolo del Consiglio dei Ministri del Documento di Economia e Finanza ( Def) e del Programma nazionale di riforme, il capogruppo alla Camera per Forza Italia ed ex ministro per la Pubblica amministrazione Renato Brunetta bolla come «un assurdo salto nel buio» l’ipotesi della crisi di governo e boccia su tutta la linea le politiche economiche dell’Esecutivo, «in una parola, fallimentari».
Partiamo dal pasticcio in Commissione Affari costituzionali al Senato. Secondo lei, dopo quell’incidente per la maggioranza, c’è aria di crisi?
Sarebbe da irresponsabili causare una crisi di governo per una democratica elezione di un presidente di una Commissione parlamentare. Il Partito Democratico aveva puntato tutto su un uomo di fiducia di Renzi, non facendo bene i conti evidentemente, e ha perso. È stato comunque eletto un esponente della maggioranza, una persona perbene come Salvatore Torrisi di Alternativa Popolare. La reazione è stata da scuola materna. Minacce, ultimatum, summit, interviste al vetriolo, la ridicola richiesta di Alfano a Torrisi di immediate dimissioni. Hanno tirato in ballo persino il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella. Tutto assurdo. Ancora una volta Renzi perde e vuole scappar via con il pallone. Un atteggiamento puerile e disdicevole.
L’ombra lunga di Renzi è ancora così ingombrante?
L’ombra di Renzi, più che altro, è parecchio sbiadita. Vedo nelle mosse, per modo di dire, dell’ex premier confusione, mista ad approssimazione. La verità è che l’agenda mentale e politica del Fiorentino è rimasta ferma al 4 dicembre del 2016, non è riuscito ancora ad elaborare il lutto della mega sconfitta al referendum costituzionale, e tutto ciò che fa o dice è condizionato da questo problema psicologico. Si è dimesso da segretario del Pd per ricandidarsi a fare il segretario del Pd, ha forzato la mano sul congresso lampo, ha buttato fuori dal partito pezzi di storia dem, si è inventato un nuovo Lingotto per cercare la verginità perduta, e si è messo a rincorrere Grillo sul ter- reno dell’antipolitica. Si concede a interviste - l’ultima fatta in ginocchio dal buon Marcenaro - e poi è costretto a smentirle subito dopo. Dov’è la strategia? Cosa propone? Che idea ha di futuro? Risposte non pervenute. Continua a raccontare a se stesso la straordinarietà dei suoi mille giorni a Palazzo Chigi, ma gli italiani hanno già chiaramente giudicato quella brutta stagione: 60- 40.
Voi, dall’opposizione, sareste favorevoli all’apertura di una crisi di governo?
La crisi di governo sarebbe un assurdo salto nel buio. L’economia va male, la crescita non esiste, la disoccupazione è galoppante, quella giovanile è drammatica. Siamo alla vigilia di importantissimi appuntamenti internazionali, il G7 di Taormina su tutti. E poi crisi per votare quando e con quale legge elettorale? Il Pd sta bloccando il dibattito sul sistema di voto con l’obiettivo di accusare, subito dopo le loro primarie, il Parlamento di impotenza e di incapacità. Un atteggiamento insopportabile. Dal 4 dicembre i dem insabbiano tutto, volendo - in maniera provocatoria - discutere solo di Mattarellum, e disattendendo così le indicazioni e la moral suasion del Capo dello Stato che aveva chiesto, su questo tema, confronto e la più larga condivisione. Renzi è in una crisi di nervi, e cerca ogni pretesto per far saltare il tavolo. La crisi di governo sarebbe un atto eversivo da parte del partito, il Pd, di maggioranza relativa in Parlamento. Elezioni in autunno porterebbero al disastro, lo spread schizzerebbe a 1000 e saremmo sottoposti all’esercizio provvisorio. Renzi e il suo PdR ( Partito di Renzi) vogliono questo?
In questi giorni è stato acceso lo scontro interno al Pd, anche con il ministro Padoan, sulle privatizzazioni. Lei che posizione ha?
È uno scontro nominalistico e imbroglionesco. All’apparenza Padoan vuole andare avanti sulle privatizzazioni e il Pd no. In realtà il ministro dell’Economia e delle finanze non sa da dove cominciare, non sa dove mettere le mani, i suoi sono velleitarismi programmatici tendenti a fare gettito potenziale che non si realizzerebbe. Siamo dentro a un dibattuto finto, costruito quasi a tavolino, e finalizzato solo all’occultamento del disastro che questi signori hanno causato ai nostri conti pubblici. Nulla di più.
A proposito di misure economiche e del Def che arriverà la prossima settimana, quali sono i punti più controversi?
Punti controversi? Qui parliamo di un’azione di governo delle sinistre, prima con Renzi e adesso con Gentiloni, totalmente fallimentare. La riforma costituzionale è stata nettamente bocciata; la loro legge elettorale, l’Italicum, è stata dichiarata incostituzionale dalla Consulta; con il Jobs Act si sono buttati a mare 20 miliardi senza creare alcun nuovo posto di lavoro; con gli 80 euro hanno speso 10 miliardi all’anno lasciando consumi e crescita al palo; la Buona Scuola ha creato solo caos tra docenti, studenti e famiglie; Pubblica amministrazione? Riforma affossata dal Consiglio di Stato e dalla Corte Costituzionale, con parallela resa al sindacato; banche: dopo il fallimento di Banca Etruria, Banca Marche, CariChieti e CariFerrara, 150.000 truffati e 4 decreti, per salvare Mps e mettere in sicurezza il sistema sono serviti 20 miliardi; siamo assediati dall’immigrazione clandestina; abbiamo più tasse, più debito, più deficit e nessuna spending review: la pressione fiscale in Italia è aumentata e continuerà ad aumentare con la “manovrina”. Queste sono considerazioni da guerra civile, altro che punti controversi. Hanno fatto deragliare un intero Paese.
È l’economia, quindi, il tallone d’Achille dell’Italia?
L’esecutivo Gentiloni dovrà coprire, entro metà aprile, i 3,4 miliardi di “buffi” lasciati da Renzi, pena una procedura d’infrazione da parte dell’Unione europea. E poi abbiamo la maxi- manovra autunnale: 20- 30 miliardi per annullare le clausole di salvaguardia e per mettere pezze alle sciagurate politiche economiche di questi ultimi tre anni. Renzi, Padoan e Gentiloni hanno distrutto tutto, hanno devastato l’Italia. È il “Partito di Renzi” il problema del Paese, non la soluzione. Questo gli italiani lo sanno bene.