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«I professionisti sono in difficoltà e non devono essere considerati lavoratori di serie B», ripete la capogruppo di Italia Viva alla Camera, Maria Elena Boschi. Avvocata oltre che parlamentare, è intervenuta in Aula per chiedere al governo maggiore attenzione al lavoro autonomo. Nel suo intervento alla Camera, si è rivolta al premier Conte parlando da avvocato. Nella sua esperienza diretta, che messaggi ha raccolto dai colleghi? Ho cercato di fare da portavoce di tanti colleghi che mi hanno scritto o chiamato molto preoccupati in questi giorni. Spesso si ha un’idea stereotipata dell’avvocato come un ricco signore che vive di rendita, ma sappiamo che la realtà è ben diversa per la maggior parte di noi, specie per i giovani. Siamo persone che vivono solo del proprio lavoro e che magari hanno anche altri dipendenti a cui garantire uno stipendio. E’ già un lusso poter stare a casa per una semplice febbre, figuriamoci affrontare il dramma del coronavirus. Del resto, se i tribunali sono chiusi, le aziende sono chiuse o comunque in difficoltà, è fisiologico che cali anche l’attività degli avvocati. E comunque è una preoccupazione che condividiamo con altri professionisti, dagli ingegneri ai dentisti, ai commercialisti. Lei ha chiesto attenzione per i professionisti, perché l’emergenza non permette di lavorare e le spese a fine mese si accumulano. Esatto. Non incassi dai clienti perchè magari fanno fatica a liquidarti anche le notule già inviate ma a fine mese devi pagare affitto, bollette, stipendi. Penso che sarebbe utile estendere il credito di imposta per i canoni di locazione anche agli studi professionali, immaginare una sospensione generalizzata delle bollette e aumentare almeno la soglia dei 600 euro, prevista come sostegno ai lavoratori autonomi. Soprattutto, però, penso che le casse di previdenza debbano fare la propria parte, anche perché sono soldi nostri. Svincoliamo le casse a condizione che destinino le risorse a misure di sostegno ai loro iscritti. Purtroppo oggi siamo in emergenza e non siamo in condizione di pensare solo a quello che potrebbe succedere tra venti o trent’anni. Dobbiamo pensare prima ai prossimi venti o trenta giorni. Le proposte di Italia Viva vanno in questa direzione. Per quale ragione, per ora, le partite Iva e i professionisti sono stati lasciati indietro? In parte, perchè c’è un confronto in atto tra governo e casse di previdenza su come intervenire. In parte, voglio essere sincera, perchè alcuni anche in maggioranza hanno ancora in mente una fotografia dell’Italia ferma agli anni Settanta. Come Italia Viva siamo d’accordo con le misure che il governo ha previsto per tutelare i lavoratori dipendenti, ovviamente. Solo, fin dall’inizio, abbiamo chiesto che non ci siano lavoratori di serie B e continueremo a chiederlo. Il presidente Conte ha preso l’impegno a rimediare nel prossimo decreto legge e lo si farà, ma spero che già adesso si riesca a dare qualche segnale, perchè molti professionisti sono in difficoltà. Lei ha anche chiesto al premier di avere una comunicazione più chiara e istituzionale. Cosa non la convince del metodo utilizzato fino ad ora? Mi sono permessa di chiedere che il governo parli con una sola voce, fornendo informazioni chiare ai cittadini e solo quando si è certi delle misure da adottare, altrimenti si generano ansia e confusione. Poi, sarò all’antica, ma penso che anziché una piattaforma americana, sarebbe meglio usare quanto meno la tv di Stato. Meglio ancora, in certi momenti delicati, fornire in Parlamento le informazioni in modo che possa esserci un confronto, come avvenuto positivamente l’altro ieri. Per questo, il mio gruppo ha proposto di convocare permanentemente la commissione Affari sociali alla Camera e l’omologa al Senato, come si è fatto in passato in situazioni analoghe. Nei suoi interventi, Conte ha sempre parlato in prima persona. Sembra essere un uomo solo al comando o è tutta finzione comunicativa? A me non interessa molto se usa la prima persona singolare o plurale. Penso, però, che una collaborazione forte con il Parlamento, oltre che con i ministri, sarebbe un aiuto importante per Conte. Il peso della responsabilità è meno gravoso, se condiviso. Sia chiaro: oggi nessuno può fare miracoli di fronte ad una sfida inedita e di portata epocale. Ma se uniamo le forze, le idee e le competenze migliori, ne possiamo uscire insieme, meglio e prima. Iv ha chiesto un nuovo provvedimento più incisivo di quello appena approvato. Si troveranno nuove risorse e c’è abbastanza dialogo nel governo? Le risorse aggiuntive vanno trovate, non c’è dubbio. Mi pare che anche il governo sia stato chiaro su questo. Oggi va fatto tutto quello che serve per far fronte a questa emergenza. Chiaramente, per un Paese come il nostro che ha un debito pubblico elevato, questo è più complicato che per altri. Penso che l’Europa non possa permettersi di voltare la testa da un’altra parte e sono convinta che non lo farà, perché il problema non è solo italiano. Il Parlamento come istituzione è finita ai margini. E’ possibile riportarlo al centro? Ceccanti propone voto da remoto, Quagliariello invece di riunirsi in un palazzetto dello sport. Iv cosa propone? Stimo entrambi, ma personalmente sono per soluzioni meno innovative, ma realistiche e più coerenti con la Costituzione. Si possono trovare modalità che garantiscono la partecipazione ai lavori anche senza il voto da remoto e senza dover spendere cifre enormi per adibire palazzetti. Lo stiamo già facendo alla Camera, allestendo nuove sale per mantenere le distanze di sicurezza, ricorrendo alla video conferenza dove possibile e prevedendo accordi tra i gruppi per limitare i voti. Poi, valuteremo in base all’evolversi della situazione se occorreranno altre misure. L’importante è che il Parlamento resti aperto e lavori come stiamo facendo, perchè la democrazia non si può sospendere nemmeno per il coronavirus. Anzi, oggi più che mai serve un Parlamento forte, dato che stiamo adottando misure molto restrittive della libertà personale al fine di tutelare la salute in una fase di emergenza.