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«Il governo rifletta e decida di aprire la stagione riformista». Così il presidente di Confindustria, Vincenzo Boccia, lancia il suo appello al governo. Chiuso l’incidente diplomatico con il vicepremier Matteo Salvini (dopo l’incontro di Torino in cui Boccia aveva chiesto al premier Conte di farsi garante della modifica della manovra), ora per gli industriali è la fase del dialogo. Anche se con l’Esecutivo «restano da discutere questioni di metodo». Presidente, Confartigianato non ha condiviso le sue posizioni sul governo Conte, quando ha detto "Si trovino 4 miliardi oppure Conte si dimetta". Qualcosa è andato storto a Torino? Merletti è l’alfiere della protesta tanto è vero che il 13 a Milano riunisce i suoi per una manifestazione di piazza. Quanto al modo di esprimersi ognuno ha il suo ma è indubitabile che la posizione delle dodici associazioni riunite a Torino, Confartigianato compresa, sono riassunte nel documento firmato da tutte. Le sue parole hanno suscitato le reazioni di Salvini. È vero che "in questi anni Confindustria è stata in silenzio"? Non è così. Confindustria ha sempre fatto sentire la sua voce e ha regolarmente preso posizione di fronte a provvedimenti che non ha ritenuto compatibili con il bene delle imprese e del Paese.Ora, comunque, i negoziati con la Ue proseguono a ritmo serrato. Secondo lei c'è davvero margine per scongiurare la procedura di infrazione? Per ora c'è stato sicuramente un abbassamento dei toni polemici. Ci sono certamente i margini di un accordo ed è importante che la legittimazione politica sia in capo al premier perché ci sia un’alta probabilità di chiudere l’accordo e si eviti la procedura d’infrazione che andrebbe a danno del Paese, delle imprese e dei cittadini.All'Europa basteranno i 4 miliardi che lei chiede di ridurre?Da quanto leggiamo sembrerebbe di sì. Secondo lei è più importante ridurre il deficit, oppure sarebbe preferibile spostare risorse in innovazione ma battersi per tenere l'asticella al 2,4%? Come abbiamo sempre detto il problema non è sforare il parametro Ue ma che cosa fare con le risorse prese a debito. Se usate per le politiche della crescita si potrà ben dimostrare che sono ben spese diventando un esempio per la stessa Europa. A Torino eravate tutti presenti per chiedere di non rinunciare alla Tav. Teme per il piano infrastrutturale di questo governo? È un problema di coerenza. Se si vuole la crescita, come le dodici associazioni riunite a Torino hanno ribadito con forza, bisogna aprire cantieri e non chiuderli. Le infrastrutture, poi, rappresentano un’idea di Paese aperto e inclusivo che dà significato alla sua centralità tra Europa e Mediterraneo, aperto a est e a ovest. Come categoria, le vostre istanze hanno trovato ascolto presso il governo? La convocazione del vicepremier Salvini delle dodici associazioni presenti a Torino è una prima risposta che apprezziamo nel metodo. Certo, restano da discutere le questioni di merito. Uno degli slogan è quello del "cambiamento": secondo lei è cambiato qualcosa dal 4 marzo ad oggi? Il cambiamento può avvenire in positivo ma anche in negativo. Ed è facile che in presenza di politiche sbagliate si possa tornare indietro. Tra l’altro occorre fare attenzione a quanto accade al di fuori del Paese come il rallentamento globale dell’economia e la fine del Quantitative Easing. Il nostro invito al governo è a riflettere su questo perché decida di aprire una stagione riformista che, anche attraverso provvedimenti non convenzionali, non fermi la crescita ma la rafforzi.