Il 6 dicembre il Cnf celebrerà a Roma il 150° anniversario della prima legge istitutiva dei Consigli dell’Ordine degli avvocati (la numero 1938 del 1874). «Un’occasione per riflettere sulla storia dell’avvocatura – dice il presidente del Consiglio nazionale forense, Francesco Greco – , che ha espresso insigni rappresentanti, protagonisti della storia del nostro Paese, con lo sguardo rivolto al futuro e alle sfide che quotidianamente si presentano». Una delle sessioni di lavoro dell’evento previsto nella capitale (appuntamento presso il “Centro Congressi Auditorium della Tecnica”) è intitolata “Gli Ordini forensi, le avvocate e gli avvocati nella storia e nelle giurisdizioni”. Tra gli interventi è previsto anche quello del ministro della Giustizia, Carlo Nordio.

Presidente Greco, i centocinquant’anni dall’istituzione degli Ordini degli avvocati rappresentano un anniversario importante per soffermarsi sulla storia dell’avvocatura con un’attenzione particolare al presente e al futuro della professione forense? 

Certamente sì, il nostro intento è proprio quello di riflettere sulla storia dell’avvocatura italiana in occasione dei suoi centocinquant'anni di vita come istituzione, ripercorrendo le tappe significative. In questo ultimo secolo e mezzo l’avvocatura ha svolto un ruolo importante, a partire dal sistema di tutela dei diritti. Senza tralasciare il contributo offerto per la crescita dell’Italia. Ecco perché a Roma, il prossimo 6 dicembre, ricorderemo e ripercorreremo con le colleghe e i colleghi di tutta Italia e altri illustri ospiti quello che gli avvocati hanno fatto anche come servitori dello Stato. Noi avvocati, mi piace rimarcarlo, siamo servitori dello Stato. Lo siamo nel momento in cui mettiamo a disposizione la nostra opera professionale a favore dei cittadini, nel momento in cui lavoriamo per l’affermazione dei principi su cui si fonda lo Stato di diritto. Tanti avvocati si sono battuti contribuendo alla nascita e alla crescita dell’Italia, il tutto all’insegna dei principi di democrazia e libertà. Penso a Giuseppe Mazzini. Alcune illustri figure di avvocati le ricorderemo all’inizio delle nostre celebrazioni. Per quanto riguarda il periodo che stiamo vivendo, apriremo uno spazio di riflessione sullo stato del sistema di tutela dei diritti. Lo faremo riunendo attorno allo stesso sullo stesso tavolo i presidenti degli Ordini e alcuni rappresentanti delle istituzioni per sottolineare il ruolo che gli avvocati possono avere in un sistema giudiziario come quello italiano.

Gli Ordini degli avvocati sono un faro, presente su tutto il territorio nazionale, per la tutela dei diritti?

I Consigli dell’Ordine sono, mi consenta l’espressione, contemporaneamente la trincea e il presidio dell’avvocatura italiana. Dagli Ordini passano tutte le questioni che riguardano l’attività forense. E in questo contesto non vanno neppure dimenticate le associazioni forensi che svolgono un ruolo significativo. Tutti insieme abbiamo il gravoso compito di affrontare le sfide della modernizzazione della professione, collocata in un contesto globale in cui le trasformazioni avvengono con grande rapidità. I cambiamenti devono però essere affrontati tenendo sempre presenti i principi di democrazia e di libertà. Inoltre, la professione forense deve cercare di affermarsi in contesti ulteriori rispetto all’attività giudiziale. Noi dobbiamo immaginare di avere un ruolo significativo non soltanto dentro le aule dei tribunali, ma anche all’esterno in riferimento a quello che riguarda la vita quotidiana dei cittadini. Questo sarà un altro tema che ci vedrà impegnati il 6 dicembre. Un altro momento di approfondimento sarà dedicato alla differenza di genere. Gli Ordini degli avvocati devono impegnarsi per superare la differenza di genere e per questo vanno analizzate a fondo le cause che la determinano. Senza tralasciare un altro tema. 

Quale?

Sono sempre meno i giovani che si iscrivono alle facoltà giuridiche, sono sempre meno i giovani che frequentano gli studi legali come tirocinanti. La riflessione su questo tema deve essere la più condivisa possibile tra gli Ordini insieme con il Consiglio nazionale forense. Una riflessione che parte dal basso, dall’istituzione primaria dell’avvocatura, fino a raggiungere l’istituzione apicale.

Poco fa, lei ha fatto riferimento agli avvocati che hanno fatto la storia dell'Italia e ai principi su cui si fonda la nostra Repubblica. Non c’è democrazia senza difesa dei diritti?

Lo Stato di diritto si fonda sulla tutela dei diritti che deve essere assicurata ai cittadini e, quindi, con le possibilità di offrire degli strumenti idonei. La tutela dei diritti passa attraverso il lavoro degli avvocati. Le sentenze vengono scritte in nome del popolo italiano. I rappresentanti del popolo italiano sono gli avvocati e i cittadini affidano i loro diritti agli avvocati per ottenerne tutela innanzi ai tribunali. Agli avvocati i nostri assistiti, i cittadini, affidano i loro bisogni, le loro difficoltà e attraverso la nostra opera cercano di superarle. Dunque, non c’è Stato di diritto, non c’è tutela dei diritti, non ci sono democrazia e libertà senza l’opera degli avvocati.

Democrazia, nuovi diritti e sfide tecnologiche. Gli avvocati continueranno a svolgere un ruolo centrale nella società?

Non è immaginabile, anche in un sistema altamente tecnologico o governato da nuovi principi, un futuro senza avvocati. Un futuro senza avvocati equivale ad un contesto caratterizzato da disuguaglianze con conseguente prevaricazione del più forte sul più debole. Il più forte non è solo chi è più ricco, ma può essere anche colui il quale vive in un’area geografica più avvantaggiata, sotto vari profili, rispetto ad un’altra. Per questo insisto nel dire che senza avvocati non ci può essere democrazia. Gli avvocati, con la loro attività, elidono la discriminazione che c’è tra i cittadini, tra il ricco e il non ricco, tra quello che ha maggiori disponibilità e chi ne ha di meno, tra chi vive in un’area geografica rispetto a un’altra.