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Cominciamo dalla fine. Tanti auguri a tutti, ne abbiamo bisogno. Da parte di noi del Dubbio auguri in particolare a chi ci ha seguito e continua a farlo. Siamo nati tre anni e mezzo fa e far nascere un nuovo giornale veniva considerata impresa temeraria. Invece siamo ancora qui, tenaci e fieri di dar voce alle istanze civili, sociali e politiche dell’avvocatura. Uno strumento che non c’era e adesso esiste e si batte per testimoniare valori di civiltà del diritto, fondamentali in un sistema democratico. Dunque grazie a tutti: lettori, Cnf, editore, sostenitori. E anche ai critici. Per il resto, l’anno che si apre è denso di incognite, pieno di incertezze, colmo di difficoltà. Inutile insistere: lo sappiamo tutti e negli articoli che compaiono in questo numero abbiamo cercato di approfondirne i principali con quello spirito dialogante e costruttivo che vuole essere il marchio di questo giornale. Chi scrive ha un auspicio da fare, uno solo: che a differenza dei troppi che ci hanno preceduto, il 2020 sia un anno “normale”. Il 2019 si è chiuso con le dimissioni del ministro dell’Istruzione ma in generale sono stati dodici mesi che rischiano di finire sui libri di storia: due maggioranze opposte, lo stesso premier, il taglio dei parlamentari, le Europee con il trionfo della Lega. Molte emozioni, molti sobbalzi. Molti decibel, molto odio, tanta intolleranza, guerriglia sui social. Siamo un Paese incattivito dal continuo richiamo alle emergenze, al nemico da abbattere dopo averlo mostrificato, al confronto e al compromesso da minare ed evitare perché resa al dovuto e non riconosciuto rispetto dell’altro. Nessun Paese può funzionare a lungo così. Bisogna tornare (o andare) alla normalità, al fatto che c’è chi governa e può e deve essere criticato; e c’è chi sta all’opposizione e legittimamente aspira a rovesciare la situazione. Ma senza avvelenare i pozzi, senza fare terra bruciata attorno a sé. Senza fare strame di procedure, atteggiamenti, consuetudini che contraddistinguono un Paese democratico dalla giungla populista e demagogica. Un Paese normale dove esista la certezza della pena assieme al rispetto dei diritti, in particolare dei più deboli. Normale perché capace di comprendere e assorbire i cambiamenti senza per forza seminare macerie. Per cui davvero: buon anno e tanti auguri. Normali come l’ossigeno che ci serve per vivere.