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«Il combinato disposto dell’obbligatorietà dell’azione penale e la deriva mediatico-scandalistica di un parte della magistratura fa sì che la drammatica vicenda del Pio Albergo Trivulzio diventi lo strumento per colpire il modello lombardo». Alessio Lanzi, consigliere togato del Csm ma ancora prima avvocato e professore di diritto penale a Parma e alla Bicocca, ha le idee molto chiare su quel che sta accadendo a Milano in questi giorni. «Cosa vuole che dica! Come al solito abbiamo appreso dalla stampa le informazioni su un’indagine. E ovvio - dice al Dubbio - che alla base di tutto c’è l'articolo 112 della Costituzione: è l'obbligatorietà dell’azione penale che guida la nostra giustizia». Eppure certe indagini sembrano più “obbligate” di altre. Per non parlare del codazzo mediatico che le accompagna. «Certo - ammette Lanzi - è indubbio che l’articolo 112 talvolta venga utilizzato in modo arbitrario. E per quel che riguarda le sovraesposizioni mediatiche, anche in questo caso abbiamo assistito a perquisizioni in presa diretta. Diciamo che forse era evitabile e tutto questo non giova neanche all’indagine. È chiaro che nel momento in cui il processo si trasferisce sui giornali si creano fronti contrapposti: da una parte gli innocentisti e dall’altra i colpevolisti. Per questo è importante, di vitale importanza direi, che ogni indagine si muova nella più assoluta discrezione». Anche per tutelare chi indaga? «Ma certamente. Ripeto: le sovraesposizioni mediatiche delle indagini attivano le polemiche politiche che, inevitabilmente, finiscono per esporre e per colpire anche i magistrati». Eppure sembra che intorno al Trivulzio la macchina mediatica viaggi già a pieno regime: fughe di notizie, file audio, intercettazioni. È già tutto sui giornali on line e Tv. Una valanga che sembra convergere verso il cosiddetto modello lombardo, che altri non è se non il modello di governo leghista. E non è un caso che Salvini abbia chiesto una tregua ai magistrati chiedendo loro di sospendere le indagini almeno fino alla durata dell’emergenza sanitaria. Appello del tutto inascoltato. E non poteva essere altrimenti. «La richiesta di Salvini - spiega Lanzi - non può essere tecnicamente accolta. Però ha ragione nel dire che questa “attenzione” sembra voler attaccare il modello lombardo». Insomma, chi ha vissuto la stagione di Tangentopoli ha già drizzato le antenne cercando di cogliere i segni, gli indizi che possano portare a una nuova Tangentopoli lombarda. Staremo a vedere. Quello che è certo, spiega il professor Lanzi, «è il ruolo di supplenza della magistratura che da decenni si muove con il consenso dell’opinione pubblica». E proprio sul ruolo di supplenza delle procure, Lanzi mette sul tavolo un altro tema: «In questi giorni alcuni componenti del Csm e alcune procure hanno messo in guardia circa il rischio che i soldi messi in campo per l’emergenza Covid possano finire nelle tasche delle mafie. Un tema ripreso anche dai giornali tedeschi. Ecco - spiega Lanzi - questo è un classico caso in cui la magistratura si sovrappone alla politica. Si arriva addirittura a sostenere che le procure debbano avere una funzione preventiva, quasi che si debba agire ben prima che il reato venga commesso. Ma se passa questo principio, passiamo da un sistema penale che si muove nel recinto di limitate ipotesi di trasgressioni, che vanno perseguite rispettando garanzie e diritti, a un sistema generalizzato di controllo sociale. E del resto - continua Lanzi - assistiamo già a segnali di questo tipo: penso soprattutto all’uso dei Trojan». «Però vorrei specificare che in questo caso non possiamo parlare genericamente di magistratura, qui si tratta di procure, alcune procure che hanno questo atteggiamento sostitutivo». Una deriva che però ha un protagonista e un complice: da un lato c’è la forza mediatica della magistratura - pardon delle procure - dall’altro il concorso della politica che vive da decenni un crollo di consensi e di popolarità. «Certo - continua Lanzi - non c’è dubbio che la fragilità della politica sta avallando l’avanzata delle procure che occupano gli spazi lasciati liberi dalla prima. Ma un sistema del genere non può reggere». E un esempio classico di questa tendenza è rappresentato dalla nomofilachia. «Mi spiego: le decisioni della Cassazione a sezioni unite sono inderogabili. Quando questa si limita alla interpretazione delle norme, va tutto bene; ma se non si limita all’interpretazione e incide sulla norma stessa colmando spazi, allora si creano problemi e conflitti. In questo modo il legislatore finale non è più il Parlamento. Ma io torno a chiedermi: dove ci porterà questo “conflitto”?»