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Anche il cittadino più ingenuo sa da tempo che la lotta politica non è un aggraziato minuetto e nemmeno un confronto all’insegna del reciproco fair play.
Anche nelle democrazie più consolidate la conquista e il mantenimento del potere si ottiene da sempre anche con la campagne di delegittimazione , se non di demonizzazione dell’avversario. Quindi nulla di nuovo sotto il sole nel perenne, reciproco crescendo di accuse che caratterizza il nostro dibattito politico?
A ben vedere non è così perché rispetto al passato, anche recente, un cambiamento c'è stato e non certo in senso positivo.
Fino a qualche anno fa i contendenti se le davano di santa ragione, specie nelle campagne elettorali ma lo facevano nel rispetto delle regole o al massimo cercando di colpire sotto la cintura senza che l’arbitro ( la pubblica opinione) se ne accorgesse e quindi li punisse.
Oggi invece ogni accusa, anche la più infamante, deve essere urlata a piena voce, deve fare quanto più rumore è possibile. Quindi nessuna differenza tra fondata certezza e semplice sospetto, tra veridicità e falsità di una denuncia. L’importante è attaccare a testa bassa, è il tempo della mazza ferrata non del fioretto.
Si potrebbero fare mille esempi di questo ' cambiamento' ( la parola magica, il mantra salvifico!) che ha imbarbarito la dialettica politica facendola assomigliare ad una rissa tra ubriachi.
Accertare in modo condiviso di chi sia la responsabilità dello spettacolo indecoroso - altro che teatrino! - della politica è impossibile. Navigare cinque minuti in Rete è sufficiente per averne conferma.
Chi cerca di ragionare, e di prospettare nel nome dell’interesse generale una tregua tra i contendenti, è sommerso dal cieco furore degli ultras.
Per quelli di destra la colpa è solo della sinistra che ' mortifica la democrazia e disprezza il popolo perché è serva dei poteri forti e attaccata alle poltrone del potere'. Per gli ultras della sinistra viceversa la colpa è solo della destra che ' mortifica la democrazia e disprezza il popolo perché vuole un Italia illiberale, autarchica, xenofoba'. Le voci dei pochi dirigenti di entrambi gli schieramenti più propensi a pensare che ad urlare, diventano via via sempre più flebili. Del resto un ragionamento annoia, non fa notizia: molto meglio un tweet infuocato contro il nemico o, perché no?, contro un alleato. La visibilità è assicurata. Il campo di battaglia si allarga così ogni giorno che passa e, almeno in questo, la maggioranza di governo surclassa l’opposizione.
Di Maio, assediato dai grillini dissidenti, attacca un giorno il Pd e un giorno Renzi. Ogni occasione è buona, dalla manovra economica allo scudo penale per l’Ilva. Renzi non è da meno, diserterà il vertice pacificatore chiesto da Zingaretti e intanto spara alzo zero su tutto ciò che si muove nel governo. Nel PD è il panico, partono le prime fucilate contro i soci di maggioranza. I dubbi: ' Renzi ha gettato la maschera, vuole allearsi con Salvini?' si intrecciano con le recriminazioni: la vicenda dell’' Ilva dimostra che non si può governare col MoVimento'.
Venezia è la metafora di un Italia che affonda, ha scritto il nostro direttore. Ha ragione. E purtroppo la responsabilità del disastro non può essere addebitata solo all’inclemenza del tempo.