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Habemus App! Con decreto- legge, come era cosa buona e giusta, è stata prevista, all’articolo 6, la disciplina relativa all’applicazione da scaricare e usare sullo smartphone “al solo fine di rintracciare le persone che siano entrate in contatto con soggetti risultati positivi e tutelarne la salute”.
A condizione che larga parte della popolazione ( almeno il 30%) decida di scaricare l’applicazione, di usarla tramite il sistema bluetooth e di aggiornarla con i propri dati relativi allo stato di salute. Altrimenti non serve.
Due giorni prima dell’emanazione del decreto ( il 28 aprile) avevo scritto, su questo giornale, un articolo nel quale evidenziavo l’importanza dell’uso della applicazione, indicando però anche le condizioni giuridiche da rispettare. Tutte ora accolte nel decreto- legge. A cominciare proprio dalla fonte del diritto che ha disciplinato questa nuova modalità tecnologica, e quindi un atto avente forza di legge e non un atto amministrativo quale il DPCM.
Poi, la privacy: che pareva essere diventata la preoccupazione principale di molti, magari gli stessi che lasciano continuamente tracce di sé sui social, sul web e usando carte elettroniche. Sul tema della privacy, il decreto ha chiarito che i dati personali raccolti dall’applicazione saranno “esclusivamente quelli necessari ad avvisare gli utenti dell’applicazione di rientrare tra i contatti stretti di altri utenti accertati positivi al Covid- 19”. Così come i dati raccolti non potranno essere utilizzati per finalità diverse, salva la possibilità di utilizzo in forma aggregata o comunque anonima, per soli fini statistici o di ricerca scientifica. Sul punto, risulta chiaro quanto affermato all’articolo 6, comma due, lettera d) “siano garantite su base permanente la riservatezza, l’integrità, la disponibilità e la resilienza dei sistemi e dei servizi di trattamento nonchè misure adeguate ad evitare il rischio di reidentificazione degli interessati”. Altro passaggio importante è quello riferito al trattamento di dati personali, scambiati in prossimità degli smartphone, che saranno resi anonimi, altrimenti “pseudonimizzati”, cioè trattati in modo tale che non possano più essere attribuiti a un interessato specifico senza l’utilizzo di informazioni aggiuntive. E comunque sarà esclusa “in ogni caso” la cd. geolocalizzazione dei singoli utenti.
Anonimato, quindi; e anche non obbligatorietà di installazione dell’applicazione. Infatti, il mancato utilizzo dell’applicazione non comporterà alcuna limitazione o conseguenza in ordine all’esercizio dei diritti fondamentali dei soggetti interessati. Certo, obbligare le persone a scaricare l’applicazione avrebbe comportato, tra l’altro, un problema di costituzionalità della disposizione normativa che lo avesse previsto.
Altro tema che aveva procurato diffidenza nei confronti dell’applicazione: chi gestirà i dati? E che fine faranno? La progettualità informatica sarà di Apple e Google mentre la piattaforma verrà realizzata esclusivamente con infrastrutture localizzate sul territorio nazionale e gestite da amministrazioni o enti pubblici o in controllo pubblico. I dati verranno cancellati e distrutti alla fine dell’emergenza sanitaria e comunque non oltre il 31 dicembre 2020. Tutto bene? Dal punto di vista delle garanzie giuridiche direi senz’altro di sì. Rimane la questione della diffusione e recezione dell’applicazione. Primo, per le generazioni di anziani, poco avvezzi all’uso della tecnologia in generale e più specificatamente ad avere dimestichezza con gli smartphone e la modalità operativa touch. Secondo, per coloro i quali da un lato temono di avere violata la loro privacy – ma come già detto è un falso problema – dall’altro lato, invece, quanti si mostrano riottosi nel volere inserire correttamente i propri dati riferiti allo stato di salute. Eppure, come recita la costituzione ( art. 32) la salute è un diritto fondamentale dell’individuo e interesse della collettività.
L’individuo e la collettività, quindi, non sottovalutino questa opportunità tecnologica, che ci consentirà di tutelare la salute, attraverso l’azione preventiva al contagio. Certo, un’azione da svolgersi insieme all’uso massiccio dei tamponi e delle analisi sierologiche. Nell’attesa di un tanto atteso vaccino.