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Eugenio Albamonte, segretario di AreaDg
Secondo il pm romano Eugenio Albamonte, segretario di AreaDg, la parte della riforma Cartabia relativa alla perseguibilità solo a querela per alcuni reati preoccupa per diversi aspetti, tra cui quello di non snellire paradossalmente a lungo termine la macchina giudiziaria. La soluzione avrebbe dovuto piuttosto consistere, sostiene il leader del gruppo progressista della magistratura, in una depenalizzazione, ma non si è avuto il coraggio di farla.
Condivide l’allarme lanciato su qualche giornale per il fatto che, con la riforma Cartabia, alcuni reati diventino perseguibili solo a querela?
Condivido una preoccupazione che riguarda tre aspetti. Il primo è quello relativo alla confusione che genera negli operatori di polizia giudiziaria questa modifica nei reati commessi quotidianamente nelle grandi città, come i furti. Proprio ieri mi raccontavano di un furto avvenuto durante le festività all’interno di una autovettura di una persona partita per le vacanze ed irreperibile. Pur avendo colto sul fatto il delinquente lo hanno dovuto lasciare a piede libero.
Il secondo?
Al momento ci sono numerose persone sottoposte a misura cautelare per determinati reati rispetto ai quali, se entro venti giorni non viene rintracciata la persona offesa in modo da farle presentare la querela, gli stessi provvedimenti restrittivi decadranno, incluse le misure in carcere. La polizia giudiziaria paradossalmente non dovrà andare alla ricerca degli autori dei crimini ma delle vittime. C’è un dispendio di risorse umane ed economiche del tutto sproporzionato.
L’ultimo?
La misura sembrerebbe preordinata ad un alleggerimento del carico di lavoro dei tribunali, ma in realtà gli effetti non saranno duraturi. Essa riguarderà i procedimenti già pendenti in quanto ovviamente per il futuro, essendo persone offese e operatori informati sulla necessità di presentare la querela, gli uffici giudiziari torneranno ad ingolfarsi con le denunce.
Ma allora quale sarebbe la vostra soluzione per snellire la macchina?
Sarebbe stato molto più intelligente, dal mio punto di vista, prevedere una seria depenalizzazione, come richiesto anche in un documento congiunto di Anm e Unione Camere penali di qualche anno fa. Evidentemente non si è avuto il coraggio di fare le cose per bene.
Però il consigliere dell’ex ministra Cartabia, il professor Gatta, su Repubblica ha detto: «I reati che abbiamo inserito – e penso al furto in un supermercato – di certo non sono gravi, tant’è che la pena non supera mai il limite di due anni. Questo vale anche per un reato odioso come il sequestro di persona non a scopo di estorsione, punito con la pena minima di sei mesi». Insomma tanto rumore per nulla.
I furti aggravati sono puniti da due a sei anni, più la pena pecuniaria. Si tratta di una pena che consente la custodia cautelare in carcere e anche le intercettazioni telefoniche. Quindi a cosa fa riferimento il professor Gatta, forse alla pena minima edittale? Dopo di che ci sono effettivamente dei reati bagatellari, ma perché allora non depenalizzarli? Nel 2023 è davvero ancora necessaria una sanzione penale per il padrone del cane che abbaia troppo quando le persone dormono, per il ragazzo che organizza una festa in casa e tiene la musica alta, o per il parroco che fa suonare le campane mentre le persone riposano?
Come si allontana il retropensiero per cui la critica mossa verso questo provvedimento, in particolare quando avanzata da magistrati inquirenti, deriva dal fatto che la categoria dei pm vuole mantenere il totale controllo sull’esercizio dell’azione penale?
Non siamo ossessionati dalla sindrome del controllo. I reati procedibili a querela esistevano e continueranno ad esistere, così come i reati procedibili d’ufficio. Il problema è mettere in campo un sistema razionale che riduca il carico della giustizia penale da un lato ma che permetta dall’altro di poter perseguire il crimine anche in contesti, come le periferie delle nostre città, in cui particolari rapporti di forza potrebbero frenare le persone dal denunciare, perché minacciate dal bullo di quartiere, ad esempio. Io mi pongo però un problema politico.
Quale?
Vedo apprezzabili e competenti esponenti del centrodestra che stanno annaspando nel tentativo di trovare una quadra che in qualche modo compensi la contraddittorietà di questa riforma rispetto a politiche lungamente propagandate. Da ultimo leggevo della possibilità di riaprire i tribunali di prossimità. Come se questo, a fronte di un presidio normativo inadatto, fosse di per sé elemento di sicurezza nei confronti dei cittadini. E poi c’è l’altro aspetto.
Prego.
Mettendo insieme la riforma Cartabia, votata pure dal centrodestra, e riforme di depenalizzazione indicate dal ministro Nordio sembra venirsi a creare un meccanismo abbastanza contraddittorio.
Cambiamo completamente “soggetto”: cosa ne pensa del fatto che i partiti potranno presentare la mattina stessa del voto in Parlamento le loro candidature per i membri laici del Consiglio superiore della magistratura?
Uno degli obiettivi della riforma Cartabia era quello di rendere più trasparente il meccanismo di selezione. Così facendo invece si consente ancora la vecchia prassi di tenere i nomi ritenuti più papabili nascosti fino all’ultimo momento per poi fare il colpo di scena lo stesso giorno del voto, sottraendoli ad un dibattito parlamentare e pubblico consapevole.