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«Nel sistema di tutela dei minori è determinante agire in prevenzione nell’esercizio dei diritti, piuttosto che dopo la violazione degli stessi. Ed è importante fare rete. Giudici e avvocati non devono essere in contrapposizione. E questa responsabilità comune riguarda anche la necessità di tutelare la legittimità degli interventi. Non si può dibattere di certi argomenti fuori dalle aule giudiziarie, rischiando di diminuire le tutele di quei minori che si trovano proprio nella casa buia».
A parlare è Alida Montaldi, presidente del Tribunale dei minori di Roma. Che commenta anche i risultati della squadra speciale istituita dal ministero della Giustizia per monitorare il mondo degli affidi, scosso dai casi giudiziari e da una risonanza mediatica distorcente. «Non è un dato allarmistico - spiega al Dubbio a margine della celebrazione della giornata mondiale dei diritti dell'infanzia e dell'adolescenza nella sede del Cnf - e chi lo amplifica in tal senso fa un’operazione scorretta».
Presidente, come valuta i dati diffusi dal ministero sugli allontanamenti dei minori dalle famiglie?
Da due anni e mezzo guardo dentro i fascicoli che arrivano al mio tribunale e ho svolto anche, in passato, funzioni ordinarie. So, dunque, qual è l’oggetto dei procedimenti che si instaurano davanti al tribunale dei minorenni, non solo da un punto di vista numerico, ma anche rispetto alla qualità del disagio che viene rappresentato. Quindi condivido la valutazione non allarmistica fatta dal ministro, considerato l’incremento che ho visto nella qualità del disagio che arriva all’attenzione del tribunale che presiedo. E poi bisogna distinguere: si tratta di 12mila minori non in famiglia per una serie di ragioni, che vanno dall’impossibilità di rimanerci perché un’autorità giudiziaria ne ha disposto l’allontanamento, all’affido preadottivo per situazioni di abbandono, dall’affido familiare presso parenti, all’affido familiare a sostegno della famiglia d’origine, addirittura con il consenso della stessa. Ho apprezzato l’obiettivo del ministro, cioè prevenire queste situazioni e accompagnare questi percorsi con l’aiuto di tutti i soggetti istituzionali che entrano in rete, affinché durino il tempo strettamente indispensabile affinché il minore arrivi alla soluzione definitiva migliore possibile per lui.
Qualcuno dice che sono numeri molto alti...
Mi meraviglierei se il dato fosse amplificato come allarmistico, quando non lo è. Sarebbe scorretto.
A ciò si riferisce quando invita a non commentare fuori dalle sedi opportune?
Non mi riferivo ad un caso in particolare, ma ad una percezione che riguarda più casi, che verifico nell’esercizio delle mie funzioni. Ma posso confermare una reale preoccupazione per il modo in cui si dibatte, al di fuori delle sedi giurisdizionali, del contenuto di merito dei provvedimenti. So che l’avvocatura può condividere la mia preoccupazione, perché atteggiamenti del genere non rafforzano, ma sminuiscono la tutela delle persone di minore età.
Il nostro sistema è adeguato?
Il nostro è un ordinamento avanzato che garantisce, nel processo civile, il contraddittorio. Bisogna impegnarsi tutti affinché queste garanzie siano proprie anche del procedimento davanti al giudice minorile e poi però rispettare i provvedimenti che quel giudice ha adottato.