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Il 23 marzo scorso, a causa del COVID 19, è mancato don Fausto Resmini o, come avrebbe suggerito, don Fausto ha raggiunto la casa del Padre.
Aveva 67 anni don Fausto, bergamasco di Lurano, non a caso definito il prete degli ultimi, perché a loro ha dedicato la sua esistenza. Nel 1978 ha fondato la Comunità don Milani di Sorisole che, nel tempo, è diventata punto di riferimento per il recupero di ragazzi in condizione di disagio o con gravi problemi famigliari, minorenni senza genitori, stranieri privi di dimora. Ogni sera, con il servizio “Exodus” e l’aiuto di volontari, serviva pasti caldi in camper presso la stazione della Autolinee di Bergamo.
Esemplare, don Fausto, perché la sua proverbiale umiltà, che significava profonda umanità, gli consentiva di trattare allo stesso modo sia con il più grande che con il più piccolo.
Dal 1985 è stato cappellano del carcere di Bergamo e più di ogni altra parola valgono le testimonianze di chi l’ha conosciuto, da quelle dei suoi carcerati “Donava occasioni di riscatto” a quelle dei suoi sacerdoti “Nel suo sorriso delicato incarnava il dolore degli altri”, dai suoi volontari “Insegnava a guardare gli ultimi con occhi diversi”, agli avvocati “Una telefonata e ti risolveva il problema”, dai magistrati “Disarmante, scindeva l’uomo dai reati”, alle autorità cittadine “E’ stato un dono per Bergamo”.
Senza dimenticare la riconoscenza dell’Atalanta, società sportiva i cui giovanissimi calciatori del vivaio, lontani dalle famiglie e ospiti presso la Casa del Giovane, avevano in lui un prezioso riferimento educativo ed etico.
Il ministro della Giustizia, su proposta dei parlamentari Elena Carnevali e Maurizio Martina, ha annunciato che a don Fausto verrà intitolato il carcere di Bergamo.
E’ davvero il modo più bello per ricordare un uomo di infinità bontà e di assoluta, straordinaria, levatura morale.