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Un tour in bicicletta da un capo all’altro del Paese attraverso le carceri italiane. Un viaggio di dieci giorni e circa 2000 chilometri tra il Brennero e Capo Passero che Il Dubbio percorrerà raccogliendo le voci di chi vive quotidianamente gli istituti penitenziari: istituzioni, associazioni e, naturalmente, i detenuti. L’iniziativa, al via il 25 giugno, nasce per raccontare una realtà sepolta, ai margini della società, e lanciare un messaggio di rinnovamento e superamento del carcere come mero strumento repressivo. «L’articolo 27 della nostra Costituzione ci dice che la pena è una realtà aperta al futuro. Ci spiega che non solo le pene non devono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità, ma che devono tendere alla rieducazione del condannato. Così, dunque, la nostra Costituzione scommette sul cambiamento, sull’idea che la personalità del condannato non è incisa per sempre al reato che ha commesso ma è aperta al cambiamento». Sono le bellissime parole del giudice costituzionale Francesco Viganò, parole che ha pronunciato nel lungo viaggio che la Corte Costituzionale ha intrapreso negli istituti di pena italiani. «Mai più un carcere cimitero dei vivi, giurarono i padri costituenti, che durante il ventennio fascista avevano conosciuto la mortificazione del carcere-cimitero», hanno ribadito i giudici costituenti. Quella contro l’idea del carcere-cimitero è una delle battaglie culturali sulle quali è stato fondato il Dubbio. Anche noi, come ha ricordato il giudice Viganò, scommettiamo su un’idea di pena che sia rieducativa e ribadiamo che i diritti fondamentali devono includere tutti. Anche perché la mera repressione, oltre a tradire la nostra Costituzione, non fa un buon servizio alla sicurezza collettiva. I dati parlano chiaro: chi sconta la propria pena fuori dal carcere, chi può beneficiare di pene alternative e percorre progetti di reinserimento ha molte meno possibilità di reiterare i reati. Ma la costruzione di progetti alternativi è più faticosa e ha bisogno di una politica forte, autorevole, paziente. Abbiamo assolutamente bisogno di una politica che smetta di assecondare per meri fini propagandistici le pulsioni più rabbiose e feroci che arrivano dalla società e che sia in grado di mettersi alla guida di un progetto di grande riforma che abbia come orizzonte una radicale trasformazione del carcere. Questo viaggio sarà anche l’occasione per riflettere sul presente e riannodare metaforicamente i fili spezzati di un Paese che in questi mesi si è dovuto chiudere in sé stesso: una sorta di grande detenzione collettiva che ha cambiato il nostro modo di vivere e di pensare e che nel momento stesso in cui ci ha isolati dagli altri, ci ha fatto capire quanto gli altri siano fondamentali. E così le nostre carceri che appaiono come monadi isolate, in realtà sono intrecciate più di quanto si crede alla “vita di fuori” e alla coscienza di ognuno di noi. Testimone di un Paese che prova a rimettersi in piedi sarà Roberto Sensi, amministratore unico della società editrice del Dubbio, che in sella alla sua bici muoverà lo sguardo dall’ultimo avamposto della battaglia contro la disgregazione sociale. «Quella della bici - spiega Roberto - è l’unica catena che ti rende libero. E così con i tempi dilatati del viaggio in bici, mentre assaporo tutta la libertà che la bici offre, il mio pensiero va a chi di questa libertà non può godere: ai reclusi. Attraverso questa mia avventura voglio dare voce alle persone che vivono in un mondo di tre metri per tre, che lo Stato ha recluso e la società ha escluso, voglio essere il testimone di questo mondo parallelo, e latore di un messaggio di superamento del carcere». Il suo viaggio sarà seguito in tempo reale dalla redazione del Dubbio che, attraverso il sito web e l’edizione cartacea, accoglierà e diffonderà i suoi racconti quotidiani. Video, scrittura, audio. La redazione utilizzerà tutti gli strumenti a sua disposizione per raccontare questo pellegrinaggio dei diritti scandito dai temi che Il Dubbio affronta quotidianamente: il 41 bis, il fine pena mai, le tante storie di vite spezzate dagli errori giudiziari. Sul tema del carcere duro, il regime del 41bis, ci soffermeremo a Parma, mentre la tappa a Modena sarà l’occasione per ricostruire i fatti accaduti durante l’emergenza sanitaria da Covid-19 con l’esplosione delle rivolte e la morte di 9 detenuti. A Firenze affronteremo il tema del perdono attraverso una figura emblematica all'interno degli istituti di pena: il cappellano. Dal carcere di Poggioreale a Napoli racconteremo la violenza e l’inumanità delle strutture di detenzione, mentre a Perugia incroceremo ancora la storia di Carmelo Musumeci: condannato all’ergastolo ostativo per omicidio e associazione mafiosa, da un anno e sei mesi è in liberazione condizionale e fa volontariato in una casa famiglia in Umbria. E giù per lo stivale con molto altro: il lavoro in carcere, gli istituti minorili, storie di malagiustizia. Un vero e proprio diario di viaggio alla fine del quale nessuno potrà più dire: “Marciscano pure in galera”... All’iniziativa, patrocinata dal Consiglio Nazionale Forense, partecipa anche un think tank di studi di futuro - Spoiler - che con metodi della previsione sociale accompagnerà i protagonisti del tour e gli interlocutori privilegiati incontrati nel viaggio per discutere e confrontarsi con loro sui possibili futuri del sistema carcerario italiano al 2040. Innanzitutto sono stati individuati i nodi fondamentali del progetto che verranno collegati idealmente in una rete nel corso del viaggio. Alla fine, i protagonisti di questa avventura si ritroveranno per provare ad immaginare non solo la visione di un diverso modo di essere del sistema carcerario ma anche le azioni strategiche da porre in essere, oggi, per costruire quel “futuro preferibile”.