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Iretroscena del tentato golpe dello scorso 30 aprile in Venezuela da parte di Juan Guaidò assumono i contorni di una tragica farsa.
Non fu soltanto la fedeltà delle forze armate al presidente Maduro a far naufragare il colpo di mano, ma gli stessi alleati di Guaidò che volevano liberarsi di lui, il che conferma tutte le divisioni e le lotte di potere tra gli oppositori al governo chàvista. Su tutti il presidente della Corte suprema del Venezuela Maikel Moreno il quale aveva intenzione di diventare presidente ad interim al posto di Guaidò.
La ricostruzione delle convulse fasi del fallito golpe è stata dettagliata dal Washington post nell’edizione di ieri. Al centro del piano doveva esserci una dichiarazione della Corte Suprema ( la cui bozza è stata visionata dallo stesso quotidiano Usa che ha parlato con uno dei partecipanti) che privava di legittimità l’Assemblea costituente fedele a Maduro, reinsediava nei suoi poteri l’Assemblea nazionale presieduta da Guaidò e chiedeva libere elezioni.
La dichiarazione della Corte serviva a offrire la copertura legale necessaria per far schierare i militari con Guaidò, riconosciuto presidente ad interim dall’Assemblea nazionale in gennaio. In cambio la Corte sarebbe rimasta al suo posto. Quella dichiarazione non c’è però mai stata. E una chiave per capire cosa non ha funzionato è una riunione fra quattro uomini avvenuta alle 11 di sera del 23 aprile nella casa di Moreno a Caracas, cui parteciparono anche l’allora capo dei servizi segreti venezuelani del Sebin, generale Christopher Figuera, e Cesar Omana, un uomo d’affari venezuelano residente a Miami. Del piano si parlava da settimane, ma quella sera, fra il fumo di sigari cubani, Moreno espresse diversi dubbi, compreso il timore di dover fuggire negli Stati Uniti in caso di fallimento. E a quel punto propose che fosse la Corte suprema, e quindi lui stesso, a guidare il paese ad interim.
Il piano doveva scattare nella data simbolo del primo maggio, festa dei lavoratori. Ma fu anticipato di un giorno, quando, all’una del mattino del 30 aprile, Figuera scoprì che stava per essere sostituito e che il leader dell’opposizione Leopoldo Lopez doveva essere riportato in carcere.
Lopez fu così liberato dagli arresti domiciliari per intervento del Sebin e si diresse assieme a Guaidò alla base militare di La Carlota, dove insieme lanciarono il loro proclama dell’Operazione libertà. Ma nessuno dei cospiratori riuscì più a contattare Moreno e, in assenza della dichiarazione della Corte suprema, molti alti comandi militari che avevano promesso appoggi non si fecero vedere.