Al referendum i “no” hanno stravinto a sorpresa con oltre il 60% dei voti La riforma del governo prevedeva più welfare e più diritti per gli indigeni

«Dobbiamo ascoltare la voce del popolo», il giovane presidente di sinistra del Cile Gabriel Boric prende atto del risultato che ha respinto con una larga maggioranza l'introduzione di una nuova Costituzione attraverso il referendum che si e tenuto domenica scorsa. Il 62% dei cileni infatti non ha dato seguito a quello che sembrava profilarsi come un cambiamento radicale dello stato. In vigore rimane dunque la Carta costituzionale scritta durante la dittatura di Augusto Pinochet.

Il referendum era lo sbocco alle proteste sociali del 2019 che l'anno seguente hanno portato all'elezione di una Convenzione nazionale a maggioranza di sinistra e di candidati indipendenti preposti alla modificazione della Costituzione, il tutto unito alle elezione come presidente proprio di Gabriel Boric. C'erano, insomma, tutti gli elementi per assistere al cambio epocale. Ma evidentemente in Cile resiste un area maggioritaria fortemente moderata che è restia a vedere sconvolti gli assetti istituzionali e anche a perdere veri e propri privilegi sociali in una nazione dalle grandi disparità economiche.

La rilevanza delle percentuali che hanno optato per il No evidenzia che il paese è diviso e cresce il timore che possa precipitare verso un clima di forti tensioni di piazza. Molti osservatori internazionali hanno visto nella nuova Costituzione un'impronta troppo radicale che ne avrebbe frenato l’introduzione. Gli obiettivi erano in realtà molto ambiziosi e dovevano condurre il Cile verso un assetto più plurale e socialmente inclusivo.

A cominciare dall’accoglimento delle richieste avanzate dal movimento femminista cileno, come il diritto all'aborto e la norma che prevedeva per le donne di ricoprire almeno il 50% degli incarichi nelle istituzioni. Probabilmente a pesare sul respingimento della nuova Carta è stata l'ipotesi che il Cile potesse diventare un paese plurinazionale dando più voce ai gruppi etnici indigeni e riconoscendo a queste popolazioni il diritto alle terre e risorse spesso in aree di sfruttamento per le multinazionali con fortissimi conflitti.

Si sarebbe arrivati a questo attraverso la creazione di regioni autonome all'interno del Cile stesso, anche se è sempre rimasta poca chiarezza su come si sarebbe tradotto nella pratica. Il referendum dunque è caduto proprio nel momento in cui un conflitto a lungo latente tra i gruppi indigeni Mapuche e lo stato cileno si è intensificato. A maggio, il governo ha imposto lo stato di emergenza nelle aree meridionali in seguito alla morte di attivisti Mapuche, membri delle forze di sicurezza e lavoratori forestali in una serie di scontri violenti come non si erano registrati negli ultimi anni. Il dibattito sull'eventualità di una nuova configurazione nazionale si è trasformato dunque in quella che la destra cilena ha chiamato crisi della sicurezza.

La stessa proposta di demilitarizzazione della forza di polizia nazionale, i Carabineros, che sarebbero passati dall'essere una istituzione di polizia di carattere militare a una forza civile controllata dalle istituzioni ha dato voce ai settori che hanno spinto molto sul pericolo della criminalità. Una riforma che è dunque stata descritta come un attentato al libero mercato e all'impresa privata. Il Cile attualmente sta facendo i conti con le ricadute economiche seguite alla pandemia di Covid 19 che ha sottratto consensi a Boric, inoltre un certo rilievo ha avuto l'ondata di fake news orchestrata rispetto i contenuti della nuova Costituzione. In ogni caso Boric ha affermato che il Cile non rimarrà bloccato e che sarebbe stato avviato un nuovo processo per elaborare un documento accettabile per la maggioranza dei cileni attraverso la collaborazione con il Congresso. In molti vedono in questa enunciazione la possibilità di introdurre articoli molto piu moderati e addirittura paventano un rimpasto di governo con figure meno radicali.