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Per la prima volta dopo 67 anni gli Stati Uniti giustizieranno una donna. Lo ha reso noto il Dipartimento di Giustizia. A salire sul patibolo, in Indiana l'8 dicembre prossimo, sara' Lisa Montgomery che nel 2004 uccise una donna incinta nel Missouri per poi rapire il feto. A nulla sono serviti i ripetuti gli appelli e le richieste dei legali di Lisa, che hanno definito la decisione del ministro "una grave ingiustizia": la donna infatti ha sempre sofferto di gravi disturbi mentali, avendo vissuto un'infanzia e un'adolescenza piena di violenze e di abusi, più volte stuprata dal compagno della madre e poi abusata anche dai due mariti. Una condizione di disagio psichico aggravata inoltre dalla dipendenza dall'alcol. Insomma un'esistenza devastata e destinata a finire con un mix velenoso iniettato nelle sue vene. Anche se diverse organizzazioni per la difesa dei diritti umani e che lottano contro la pena capitale promettono di dare battaglia fino all'ultimo istante. Per trovare una donna vittima del boia federale negli Usa bisogna riandare al 1953, quando furono in due ad essere giustiziate. Una di loro era Ethel Rosenberg, protagonista di una delle vicende più oscure e controverse degli anni della guerra fredda, quando col marito Julius fu condannata alla sedia elettrica con l'accusa di spionaggio, per aver passato all'Unione Sovietica informazioni segrete sulla bomba atomica. Il fratello di Ethel infatti, lavorava al famoso Progetto Manhattan nei laboratori di Los Alamos, in New Mexico. L'altra detenuta giustiziata nel 1953 è Bonny Heady, condannata alla camera a gas per aver ucciso un bimbo di 6 anni. L'unica altra donna della storia americana mandata a morte per ordine del governo federale e' stata nel 1865 Mary Suratt, proprietaria di una pensione, impiccata con l'accusa di aver preso parte a una congiura per assassinare il presidente Abraham Lincoln. Nelle prigioni statali, invece, 16 donne sono state giustiziate dal 1976, da quando la Corte Suprema ha terminato la moratoria sulle esecuzioni capitali. Con quelle di dicembre, dunque, salirebbero a nove in soli sette mesi le condanne a morte eseguite dall'amministrazione Trump. Eppure il tema della pena di morte resta un tabù bipartisan, completamente assente dalla campagna elettorale di un Paese che si considera la prima democrazia al mondo.