Parere positivo due giorni fa dalla Commissione giustizia del Senato al nuovo testo unificato che punta ad inserire in Costituzione la tutela delle vittime di reato. La novità è che, mentre il primo testo unificato predisposto per i quattro disegni di legge in esame (Antonio Iannone di Fratelli d’Italia, Bruno Marton del Movimento 5 Stelle, Dario Parrini del Partito democratico, Peppe De Cristofaro di Alleanza verdi e sinistra) prevedeva modifiche all'articolo 111 della Carta costituzionale, adesso si mira a modificare l’articolo 24 della stessa ed in particolare: «All’articolo 24 della Costituzione, dopo il secondo comma, è inserito il seguente: “La Repubblica tutela le vittime di reato”». L’ok è arrivato praticamente all’unanimità (hanno votato tutti a favore ad eccezione del senatore di Italia viva Ivan Scalfarotto che si è astenuto).

Come ci ha spiegato la relatrice del provvedimento, la senatrice di Fratelli d’Italia Donatella Campione, «il tema, molto delicato, ha suscitato inizialmente in commissione alcuni dubbi sull’opportunità di inserire la tutela delle vittime del reato nell’articolo 111 della Costituzione, per il rischio di squilibrare il confronto tra accusa e difesa, con esiti negativi sulla struttura del processo. Dopo un ciclo di audizioni si è deciso di inserire la norma non più nell’articolo 111, ma nell’articolo 24 della Costituzione, che indica coloro che possono agire in giudizio, ritenendo che fosse la sede più adatta a recepire questa modifica». Per mesi il testo era rimasto bloccato per le perplessità di Forza Italia sul fatto di inserire appunto la tutela delle vittime del reato nell’articolo 111 della Costituzione, relativo al giusto processo. Gli azzurri erano sempre stati scettici sulla possibilità di velocizzare i tempi di discussione su una materia così delicata e per questo avevano fatto pressing per audire diversi esperti, cosa che poi è avvenuta. «L’inserimento nell’articolo 111 - ha spiegato il capogruppo di Forza Italia in Commissione giustizia di Palazzo Madama, Pierantonio Zanettin - avrebbe alterato il rapporto tra il pubblico ministero e la difesa e a nostro avviso sarebbe stato molto pericoloso per gli effetti che avrebbe potuto provocare all'interno del processo».

Lo stesso Zanettin si era detto d’accordo con il professor Ennio Amodio che al Dubbio aveva dichiarato: «Sarebbe una legge- manifesto finalizzata solamente a ridimensionare il garantismo espresso dalla norma costituzionale sul giusto processo». Così si è arrivati al compromesso di inserire questa tutela nell’articolo 24 (terzo comma) che indica chi può agire in giudizio. Così si è

sbloccato l’impasse arrivando al parere positivo. E poi al prossimo esame dell'Aula ancora da calendarizzare. Per il senatore dem Alfredo Bazoli, «la costituzionalizzazione della tutela delle vittime di reato, oltre a porsi in linea con le recenti determinazioni assunte dall'Unione europea e a costituire un importante parametro valutativo per la Corte costituzionale, consentirà di valorizzare il ruolo, spesso decisivo, svolto in più occasioni dai parenti delle vittime in favore dell’accertamento della verità».

Ivan Scalfarotto ha spiegato così al Dubbio la sua astensione: «Il progetto iniziale di introdurre la tutela delle vittime di reato nell’articolo 111 della Costituzione avrebbe costituito un inaccettabile primo passo verso la formalizzazione di quella “privatizzazione” del diritto penale a cui assistiamo da molto tempo e che produce un’inaccettabile pressione sui giudicanti affinché trovino un colpevole purchessia e gli applichino sempre, se possibile, pure la massima delle sanzioni». Un’idea della giustizia per il senatore che «assolve quindi a una funzione satisfattoria che è lontanissima dall’equità alla quale la giustizia deve ispirarsi. Tutti solidarizziamo con le vittime del reato, ci mancherebbe. Ma dobbiamo ricordare che da quando esiste la civiltà giuridica la punizione dei reati è affidata allo Stato, non alle vittime: le sentenze, nella nostra Repubblica, sono pronunciate, non dimentichiamolo, “in nome del popolo italiano”. Il diritto penale è branca del diritto pubblico, non del diritto privato». A seguito delle audizioni fatte in commissione «che hanno segnalato tutte le enormi criticità di questo progetto di legge - una forma, diciamolo, di populismo penale - si è deciso di spostare questa norma all’articolo 24, quello che garantisce il diritto alla giustizia. È sicuramente una soluzione migliorativa, che non convince però fino in fondo - e per questo mi sono astenuto - perché conferma l’abitudine del legislatore di infarcire la Costituzione di sempre nuovi articoli e impegni teorici. Se davvero si vogliono tutelare le vittime del reato si renda subito più celere e più efficace la giustizia penale, altrimenti questa diventa l’ultima di troppe norme manifesto di cui deve accontentarsi una politica incapace di fare le riforme», ha concluso Scalfarotto.