Una nuova normativa sulla bancarotta fraudolenta, per adeguare ai tempi un reato che è attualmente perseguito sulla base di un codice penale risalente al secolo scorso e ad un mondo finanziario ormai lontano. È l'iniziativa che sta intraprendendo Vincenzo Vitalone, ex- giudice ed ex- professore di diritto fallimentare e consulente della presidenza del Consiglio.

La proposta è in via di definizione e sarà portata in Parlamento a breve, probabilmente per iniziativa di alcuni senatori. «Sono state fatte molte riforme, anche radicali», spiega Vitalone, «ma è come se fossero sostanzialmente inutili o comunque che non danno i risultati sperati, perché non si mette mano a quello che è il sistema penalistico della crisi d'impresa e che risale ormai a 70 anni fa, per cui l'imprenditore in crisi, l'imprenditore insolvente resta a tutt'oggi terrorizzato da prospettive di contestazioni penali che gli tolgono in qualche modo la volontà, il desiderio, l'energia per mettere mano al al risanamento».

Pregiudizi duri a morire, che non tengono conto delle complessità emerse negli ultimi anni: «Se tu diventi insolvente», spiega Vitalone, «c'è una sorta di presunzione che qualche reato tu lo abbia commesso, cioè che questa insolvenza sia in qualche modo cagione sul tuo comportamento illecito e siccome essere insolventi nel 1900 era una grave colpa sociale, sono ancora previste tutta una serie di ipotesi di reato che forse oggi dovrebbero essere, come dire, riconsiderate, lasciando ovviamente la bancarotta fraudolenta, quella più grave, cioè per distrazione». «Ma oggi», sottolinea Vitalone, «non si scappa più con la cassa, si fanno altre operazioni illecite, ma sostanzialmente è colui che destina i fondi del dell'impresa invece che per la vita fisiologica dell'impresa, per i propri interessi. E questo è un fatto grave che va punito e aggredito socialmente e nessuno lo ne dubita. Però bisogna lasciare all'imprenditore anche la possibilità di una sorta di legislazione premiale».

Quanto al possibile iter della proposta di legge, Vitalone conferma aver «predisposto e affidato alla votazione di alcuni senatori una bozza, per una riforma che semplifichi il regime penalistico, abbatta pene anacronistiche e ormai di fatto inapplicate ma che portano i tempi di prescrizione al di là di ogni ragionevole dubbio. Se un reato di bancarotta», spiega Vitalone, «si prescrive in 15 anni, è chiaro che il processo di bancarotta non si fa perché non c'è nessuna fretta di farlo, Questo crea una situazione di incertezza assoluta e naturalmente non spinge l'imprenditore, che pure e consapevole di aver sbagliato, a risanare, a ricostruire.

Invece noi pensiamo a norme che premino la buona volontà». «Come detto, non stiamo parlando di chi scappa con la cassa, stiamo solo tentando di razionalizzare il sistema e di renderlo un po' più attuale, partendo dal presupposto che l'imprenditore non è una persona che commette reati. Tutte le crisi che abbiamo passato in questi ultimi trent'anni dimostrano che l'insolvenza molte volte è stata causa ed è stata causata anche da contingenze internazionali».