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Non si poteva sentire. «Non è proprio accettabile, né la norma in sé né un certo modo incredibile in cui si cerca di giustificarne la ratio», per usare le parole di Tommaso Calderone: l’articolo 105 della Manovra che prevede l’estinzione della causa civile per mancato versamento del contributo unificato fa infuriare il capogruppo di Forza Italia in commissione Giustizia alla Camera. Il quale assicura la volontà di presentare un emendamento per «sopprimere questa insensata barriera fiscale frapposta ai diritti del cittadino: sono pronti a firmarlo, con il sottoscritto, gli altri tre deputati del mio partito che fanno parte della commissione Giustizia, vale a dire Annarita Patriarca, Pietro Pittalis ed Enrico Costa, e un altro nostro deputato, Giandiego Gatta, a propria volta avvocato come tutti noi. Non ci stiamo: non si può fare, del pagamento di una tassa, una pregiudiziale all’esercizio del diritto costituzionale alla tutela in giudizio. Sentiremo i vertici del partito, vogliamo trovare il sostegno più ampio possibile alla richiesta di eliminare quella norma dalla legge di Bilancio. Non è pensabile una misura con cui verrebbe precluso, di fatto, l’accesso alla giurisdizione per i cittadini con mezzi limitati: chi non naviga nell’oro e teme che far valere un proprio diritto sia un lusso, se non può rimandare il pagamento del contributo unificato a tempi migliori rinuncia semplicemente a quel diritto».
Giusto per inquadrare la materia: parliamo dell’articolo 105 del ddl di Bilancio, che introduce un nuovo articolo 307-bis 76 del codice di procedura civile. Così come disegnata dall’Esecutivo, la norma stabilisce che il processo si estingue “per omesso o parziale pagamento del contributo unificato”. Secondo la seguente meccanica: “Alla prima udienza il giudice, verificato l’omesso o il parziale pagamento, assegna alla parte interessata termine di trenta giorni per il versamento o l’integrazione del contributo e rinvia l’udienza a data immediatamente successiva. A tale udienza il giudice, in caso di mancato pagamento nel termine assegnato, dichiara l’estinzione del giudizio”.
Nei casi di “domanda riconvenzionale”, “chiamata in causa”, “impugnazione incidentale”, interviene “l’improcedibilità”. Esclusi dalla mannaia solo i procedimenti cautelari e possessori, mentre, nel testo della Manovra, il governo ha tenuto a precisare che un provvedimento così discutibile non risparmierà né il “rito del lavoro” né il “processo esecutivo”.
Un proposito che ha suscitato la sconcertata reazione dell’avvocatura. E che lascia interdetti molti parlamentari provenienti dal mondo forense. Anche il Movimento 5 Stelle, due giorni fa, ha assunto una posizione molto dura e netta sulla questione: «La norma contenuta nell’articolo 105 della legge di Bilancio è ingiusta, persecutoria verso i cittadini e soprattutto incostituzionale», si legge nella nota delle capogruppo pentastellate nelle commissioni Giustizia di Camera e Senato, Valentina D’Orso e Ada Lopreiato. Puntuali nel ricordare come «la Corte costituzionale» sia «più volte intervenuta sul tema, già a partire da una sentenza del 1961 e poi con altri pronunciamenti, l’ultimo nel 2022: la Consulta ha reiteratamente dichiarato l’illegittimità di norme che condizionano l’esercizio dell’azione giudiziaria. È indiscutibile la prevalenza della necessità di garantire al cittadino l’accesso alla tutela giurisdizionale rispetto all’interesse fiscale, che in ogni caso è tutelato».
Come segnalano ancora D’Orso e Lopreiato, «non stiamo parlando di una potenziale evasione di imposta ma del suo versamento posticipato. L’interesse fiscale è già sufficientemente garantito dall’obbligo imposto al cancelliere di comunicare l’inadempimento tributario all’Ufficio recupero crediti del Tribunale. È obbligo del legislatore eliminare ogni impedimento al diritto dei cittadini di agire in giudizio per la tutela dei propri diritti ed interessi legittimi. Questa norma calpesta un principio basilare dello Stato di diritto a garanzia del sistema democratico e dell’uguaglianza dei cittadini di fronte alla legge», dichiarano le due parlamentari 5S.
A sua volta l’azzurro Calderone tiene a contestare le “interpretazioni” fatte filtrare un paio di settimane fa da ambienti di governo secondo cui i responsabili della “evasione” del contributo unificato sarebbero gli avvocati. «Un’idea frutto di un’incredibile ignoranza», osserva il capogruppo Giustizia di FI, «il contributo unificato è dovuto dal cliente, non dal legale. La prassi, per gli avvocati, è stampare il modulo F24 relativo al contributo e consegnarlo all’assistito in modo che provveda e che, casomai, non confonda la somma dovuta allo Stato con l’onorario del difensore».