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La lettera di Andrea Stroppa, 23 anni, autore del report da cui ha preso spunto il New York Times per la sua inchiesta sulle fake news.
Sul Il Fatto Quotidiano diretto da Marco Travaglio, l’altro giorno ci si occupava di me alle pagine 1,2,3 compreso nell’editoriale dello stesso direttore.
«[...] Del suo amico Marco Carrai, che s’è messo in società con uno smanettone di 23 anni, Andrea Stroppa, che da minorenne faceva l’hacker per Anonymous Italia durante gli attacchi ai siti di Polizia, Carabinieri, governo, Viminale, Guardia costiera e – pensate un po’ – al blog di Grillo; perciò fu imputato e ottenne il perdono giudiziale dal Tribunale dei minori».
Apagina 2, un articolo a firma di Virginia della Sala e Carlo di Foggia viene scritto riguardo la mia persona « Non è un tecnico ma può contare su una notevole rete di relazioni ».
A pagina 3, a firma di Wanda Marra vengo definito « esperto di cyber security ».
Partiamo dalla fine, io non credo di essere un esperto, ma credo di saperne qualcosa in tema di cyber security. Dal 2013 ad oggi ho pubblicato numerosi paper e ricerche riguardo temi come le botnet, la contraffazione online, i malware. Il primo a 18 anni su The New York Times. Ho sempre lavorato con persone più brave di me e sono orgoglioso di aver avuto accanto persone che mi hanno insegnato molto, non soltanto dal punto di vista professionale. Solo pochi mesi fa ho pubblicato una ricerca su Associated Press, la quale, in una forma più privata e destinata ad al- tri soggetti, ha permesso l’individuazione di sostenitori dell’Islamic State in Europa. Ho avuto il piacere di confrontarmi con analisti dell’intelligence, ex veterani della CIA, consiglieri di importanti rappresentanti di altri paesi e alti dirigenti delle più importanti società tecnologiche statunitensi. Ho fatto anche altro, direttore Travaglio, molto potrà trovarlo attraverso Google. Non cerco da voi, né dagli esperti che consultate per attaccarmi, i vostri applausi. Agli “esperti” che continuano da mesi ad insultarmi dico solo: se siete più bravi sono contento per voi. Vi auguro tanta felicità e gioia nella vostra vita. Su una cosa però voglio essere chiaro: non mettete in dubbio la mia onestà, il mio onore, non permettetevi di infangare la mia persona.
Caro direttore Travaglio, sì, ho fatto parte di Anonymous. Avevo 17 anni, ho fatto degli errori, ho commesso dei reati e ne ho risposto di fronte alla legge. Di fronte a un tribunale, quello dei minorenni. Ho ottenuto il perdono giudiziale e ho ricominciato la mia vita facendo volontariato, costruendo la mia carriera con un lavoro lungo e appassionato. Nessuna scorciatoia: mi hanno proposto libri e interviste “ sull’hacker di Anonymous“, potevo prendere la strada della notorietà, ho scelto quella del sacrificio. Non ne ho mai parlato pubblicamente, non per vergogna, ma perchè io penso che dei miei errori sia stato corretto rispondere di fronte la legge, non di fronte a lei, a voi.
Come forse saprà, i minori sono tutelati dalla legge sulla privacy e tutto quello che riguarda i loro processi non deve diventare di dominio pubblico. Lo è diventato, prima con il libro di Belpietro “ I segreti di Renzi“, poi con un articolo di Fittipaldi su
l’Espresso e ancora oggi sul suo giornale.
Io non contesto “i guai giudiziari “ e guardi, non contesto, in questa sede, nemmeno il fatto di aver violato nuovamente la mia privacy: contesto le falsità. Non ho mai attaccato i siti di Polizia, Carabinieri, governo, Viminale e il blog di Grillo come lei scrive. E nemmeno il sito di D’Alema come ha scritto Fittipaldi. Sono andato di fronte al tribunale a rispondere alla legge italiana, per altri fatti. E questo come può intuire si chiama diffamazione.
Nel suo articolo afferma inoltre: «Del resto Renzi sospetta l’intervento di una ‘ mano’ russa. E chi gliel’ha detto? Una società di sorveglianza informatica. E di chi è? Del suo amico Marco Carrai, che s’è messo in società con uno smanettone di 23 anni, Andrea Stroppa». Non c’è nessuna società con Marco Carrai e io personalmente non ho mai parlato di “mano russa”. Anzi, le dirò di più: durante le elezioni americane ho pubblicato un report in esclusiva con Forbes dove documentavo che un importante numero di russi seguivano il candidato Trump e lo sostenevano attivamente, ma che non era possibile documentare nessun legame ufficiale con il governo russo. Altroché i suoi giochini linguistici. Inoltre vengo definito da una sua giornalista parte dei “ Carrai boys”, “ pupillo di Carrai“, e lo comprendo. Quando non si è liberi, si cerca di mettere le catene anche agli altri. Ma, mi dispiace per lei, per Carrai, e per tutti quelli che vengono citati. Io non appartengo a nessuno, appartengo a me stesso. Non ho bisogno della sua stima, penso che il mondo sia molto più grande de Il Fatto Quotidiano e non credo sia un caso se le mie ultime ricerche sono state pubblicate con il Washington Post, Associated Press, Wall Street Journal e non con il suo giornale. E le assicuro che non è un caso nemmeno il fatto che quando voglio capire di economia, tecnologia, cultura, geopolitica, non leggo il suo quotidiano. Grazie a dei think tank ho avuto l’onore e il piacere di creare rapporti con intellettuali, esperti, scienziati: è con loro che voglio confrontarmi, è da loro che voglio imparare.
Caro direttore Travaglio, la coscienza è quella cosa che quando siamo soli ci guarda e non possiamo nasconderci. Mi auguro che lei possa affrontarla a testa alta. Buona domenica